che l'ospedale "Giovanni Paolo II" sia stato annoverato dall'Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari tra i primi dieci nosocomi italiani per gli interventi al femore e al sesto posto la tempestività nella cura dell'infarto. Si potrebbe dire che, malgrado le gravissime criticità (dall'Emodinamica dove è disponibile solo una delle due sale, all'Ortopedia senza medici, il cui primario è stato chiamato a garantire la direzione anche ad Agrigento) i riconoscimenti confermano in ogni caso quanto il personale sanitario sia pronto a mettere in pratica il giuramento di Ippocrate. Ma, si sa, la qualità dell'assistenza sanitaria, per sua natura, non è certamente un concorso di bellezza.
La situazione generale relativa all'ospedale di Sciacca rimane naturalmente assai critica. Non è un'opinione, e lo conferma la decisione della stessa Opposizione politica di Sciacca, comunicata sabato mattina durante la conferenza stampa sul Bilancio, di essere presente il 10 novembre alla manifestazione di protesta promossa da diciannove sindaci del comprensorio, indifferenti evidentemente alle rispettive collocazioni politiche. Un ospedale che nel 2019, quindi quattro anni fa, è stato dichiarato Dea di primo livello per gli interventi di emergenza e urgenza. Una qualifica possibile anche in presenza di una stroke unit, per gli interventi urgenti per gli ictus cerebrali. Da allora non sono stati espletati i concorsi per i neurologi, e la stroke unit continua a non esserci.
Una situazione, quella delle politiche sanitarie, che vede la Regione siciliana in gravi difficoltà, con una gestione generale dove la mobilità passiva (i cittadini che preferiscono recarsi in ospedali pubblici al di fuori della Sicilia) continua purtroppo ad aumentare. La sempre complicata disponibilità di personale medico è certificata anche sul piano delle stesse tendenze. Tra il 2018 e il 2020, per fare un esempio (stiamo parlando dunque prima del Covid) il numero di medici impiegato negli ospedali agrigentini è calato, mentre è aumentato il numero di impiegati amministrativi. Non c'è dubbio che il problema lamentato per l'ospedale di Sciacca dai sindaci e dalle associazioni civiche che hanno organizzato la manifestazione di protesta di venerdì 10 novembre abbia una diffusione regionale e nazionale. Allo stesso modo, tuttavia, non c'è alcun dubbio circa il fatto che non è attraverso la mobilità tra i cinque ospedali provinciali che le sempre minori risorse umane disponibili sono chiamate ad osservare potrà essere possibile riuscire a soddisfare le necessità sempre crescenti della popolazione.
E infine, diciamocela tutta: quel disegno di legge pastrocchio uscito tre settimane fa dalle stanze dell'assessorato, che l'assessore Volo si è affrettata a definire "ipotesi di studio non ufficiale", è però piuttosto indicativo di quanto il territorio di Sciacca conti sempre meno negli approcci della politica regionale e dell'annessa burocrazia. Il declassamento da Dea a ospedale di base grida letteralmente vendetta. Insomma: come si dice in questi casi bisogna tenere gli occhi aperti. E questo anche se non è facile. L'iniziativa del 10 novembre ha valore simbolico ma soprattutto concreto, per ribadire nei confronti dei centri decisionali, che l'attuale organizzazione sanitaria non va certamente bene.