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10
Febbraio

Pnrr. La Sicilia ha speso solo il 13% dei fondi a disposizione

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Pubblicato in Attualità

A due anni dal termine di utilizzo, nel 2027, in Sicilia al momento è stato speso il 13% dei fondi a disposizione

del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’isola, insieme alla Valle d’Aosta, è penultima in Italia per percentuali spesa fondi Pnrr. L’ultima è la Calabria. I progetti di opere pubbliche in fase esecutiva, la cui titolarità è della Regione siciliana, rappresentano il 61 per cento del totale delle risorse assegnate dal Pnrr all’Isola, per un importo di 329 milioni di euro. Ciò significa che quattro progetti su dieci non sono vicini al traguardo.  I ritardi riguardano soprattutto i Comuni: alla fine del dicembre 2024, quelli meridionali hanno avviato lavori per 5,6 miliardi, il 64% del valore complessivo degli investimenti a loro titolarità.

In Sicilia sono previsti 20.534 progetti, per 17,6 miliardi di euro, di cui 11,7 dall’Europa e il resto dallo Stato. La media nazionale di spesa è del 29%.A lanciare l’allarme è il segretario regionale della Sicilia e vice presidente nazionale di Conflavoro Giuseppe Pullara. Ogni euro sprecato, dice, è un’opportunità sottratta al futuro dell’isola che resterà con le sue fragilità strutturali.

L’investimento è suddiviso tra settori chiave: 35% per la transizione ecologica; 31% per infrastrutture; 16% per digitalizzazione; 15% per inclusione sociale; 4% per sanità. Dei circa 20mila progetti previsti in Sicilia, già partiti o ancora da iniziare 1.729 sono a Trapani; 4.466 a Palermo; 1.805 ad Agrigento; 1.120 a Caltanissetta; 960 ad Enna e 1.372 a Ragusa.

“La Sicilia si trova davanti a una sfida storica- continua Pullara-. I fondi europei rappresentano un’occasione per rilanciare il territorio, ma i ritardi burocratici, rischiano di trasformare questa opportunità in un’occasione sprecata. Per il segretario regionale della Sicilia e vice presidente nazionale di Conflavoro sarebbe auspicabile favorire il processo di trasformazione digitale sia all’interno delle pubbliche amministrazioni che nelle imprese. Occorrerebbe, ad esempio, rispettare l’obbligo di risposta da parte della PA entro limiti temporali predefiniti (da 30 a 90 giorni a seconda dei casi), prevedendo il silenzio assenso in caso di mancato rispetto dei termini; ridurre il numero degli enti coinvolti nelle decisioni ma anche semplificare ed armonizzare le procedure e la modulistica richieste alle imprese, soprattutto nella fase di avvio dell’attività, che in molti casi porta ad un potenziale conflitto tra diverse disposizioni.

Letto 136 volte Ultima modifica il Lunedì, 10 Febbraio 2025 13:42

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