Sono diverse le segnalazioni giunte alla nostra redazione da soggetti tuttora in auto isolamento, perennemente in attesa di sapere se siano o meno risultate positive al Covid-19 e, dunque, lasciate letteralmente "in sospeso". Condizione, questa, che riguarda anche diverse delle persone venute nelle settimane scorse da altre zone d'Italia che, saggiamente, lo avevano comunicato ai medici di base. È, questa, solo una delle innumerevoli conseguenze dello stress da Coronavirus, nel quale si inseriscono altre situazioni che hanno messo in evidenza anche la impreparazione iniziale dell'ospedale a fronteggiare l'emergenza. È il caso di un anziano di Sciacca. Anche lui ai primi di marzo era stato ricoverato al "Giovanni Paolo II", nel reparto di Medicina, dove ha subito il contagio e, dopo 48 ore di isolamento, dimesso e rimandato a casa, dove pochi giorni dopo ha appreso la sua positività al tampone a cui era stato sottoposto. Contagio che, successivamente, ha interessato anche la moglie. "Siamo tuttora in attesa di conoscere l'esito dei tamponi di verifica", denuncia al nostro Telegiornale la figlia dei due coniugi. La quale, ovviamente, adesso accusa anche lei sintomi (per fortuna ancora leggeri) del Coronavirus. Tuttavia nelle scorse ore il padre è stato di nuovo colto da febbre alta. Difficile immaginare una ricaduta, ma l'età avanzata dell'uomo induce a qualche preoccupazione. La figlia vorrebbe sottoporlo alle analisi del sangue, ma nessuno è disponibile a raggiungere il suo domicilio per il prelievo. Probabilmente sarebbe opportuno un nuovo ricovero, ma la figlia è categorica: "Non intendo far tornare mio padre in ospedale". Un timore che, dopo quanto accaduto nelle settimane scorse, è sempre più comune a diverse persone, che malgrado le reiterate rassicurazioni pronunciate dal commissario ad acta Alberto Firenze, preferiscono continuare a rinunciare a curarsi piuttosto che accedere al "Giovanni Paolo II". Soprattutto adesso, in cui è in fase di allestimento il discusso reparto Covid. Questo è un problema, forse psicologico, ma che comunque rileva nell'ambito di una percezione tuttora sostanzialmente negativa circa la sicurezza del nosocomio. Dopo il primo caso di Coronavirus in ospedale, mentre lui come altri era ricoverato per altre patologie, l'anziano saccense è rimasto rinchiuso in una stanza in isolamento, con tutte le conseguenze anche di tipo igienico, che dopo due giorni si erano notevolmente appesantite. Poi il ritorno a casa. "Adesso sono confusa", ammette la figlia, che peraltro, per ovvie ragioni, è costretta ad assistere da sola gli anziani genitori.