e la certezza del malfunzionamento del depuratore di Favara le attività d’ispezione e di indagine condotte dai Carabinieri di Agrigento nell'ambito della campagna olearia che ci siamo appena lasciati dietro le spalle. Nell'ambito di un'indagine che si ripete ogni anno, i reparti specializzati dell'Arma hanno appena concluso un'attività di verifica che ha interessato soprattutto il settore della molitura delle olive e il conseguente annoso problema dello smaltimento delle acque di vegetazione.
Indagine nell'ambito della quale, nei mesi scorsi, non era sfuggita nemmeno ai carabinieri (oltre che all'associazione ambientalista “Mareamico” che l'aveva denunciata) quella che oggi viene definita “la cupa colorazione nerastra di cui si era tinta la foce del fiume Naro nella località balneare di Lido Cannatello”, frazione del comune di Agrigento, e per cui la procura della Repubblica aveva immediatamente disposto le indagini. Un'operazione di controllo che ha interessato l’intera asta fluviale, con ricognizioni da terra e dall’alto con l’ausilio di un elicottero del nono nucleo dei Carabinieri di Palermo. Ebbene: la risalita lungo l'asta fluviale ha condotto al punto di immissione nel corpo ricettore del depuratore di Favara, sito in contrada Chimento Burgialamone, sul quale i militari del Centro Anticrimine Natura di Agrigento unitamente al personale specializzato dell’ARPA hanno effettuato un controllo e prelevato campioni in entrata e uscita nelle 24h.
Gli esiti di laboratorio hanno fatto emergere forti criticità di funzionamento del depuratore, con parametri andati ben aldilà i limiti tabellari di escherechia coli consentiti dal Testo Unico Ambientale, ovverosia di ben 34 volte.
I carabinieri hanno accertato la circostanza di un ingresso anomalo nel depuratore proprio nei giorni in cui era comparsa la colorazione nerastra presso la foce del fiume Naro; tale ingresso anomalo, con quelle che i militari hanno definito “ottime probabilità”, viene ritenuto riconducibile ad immissione in pubblica fognatura di acque di vegetazione che hanno inevitabilmente compromesso la funzionalità dell'impianto stesso.
I carabinieri hanno accertato che quello da loro scoperto è stato l'unico episodio in danno dell'ambiente fluviale. Acque di vegetazione che, se opportunamente trattate, possono essere utilizzate quale correttore di acidità del terreno e che possono essere oggetto di spandimento nei terreni idrogeologicamente idonei a tale scopo. Anche in questo caso una maggiore consapevolezza delle potenzialità di impiego di questa materia prima secondaria avrebbe scongiurato azioni in danno all’ambiente tanto inutili quanto dannose.