mattina, a Palermo, nei pressi del bar della clinica sanitaria privata della Maddalena.
Il regno incontrastato di Matteo Messina Denaro è sempre stata la provincia di Trapani, soprattutto l'area compresa tra Campobello di Mazara, Torretta Granitola, Mazara del Vallo e Castelvetrano, dove ha vissuto fino a ieri, ma certificata e ramificata è sempre stata la sua sfera di influenza in provincia di Agrigento, anche dalle nostre parti. “La mafia agrigentina ha grossa quota di responsabilità nella lunga latitanza del boss”. A dichiararlo ieri pomeriggio in conferenza stampa proprio il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido. L'ex latitante, nei primi anni '90, prima di darsi alla macchia, era solito frequentare anche Sciacca e alcune specifiche attività commerciali, probabilmente inviato dal padre, Don Ciccio Messina Denaro, a sua volta morto da latitante e stretto alleato dell'allora boss di Siculiana Leonardo Caruana.
I rapporti tra i Messina Denaro e le cosche agrigentine sono proseguite anche in tempi più recenti. Accertati dalle sentenze i rapporti stretti tra l'ex latitante, Leo Sutera di Sambuca di Sicilia e Pietro Campo di Santa Margherita di Belice. Sutera, tutt'oggi in carcere dopo l'ennesima condanna, era la voce di Messina Denaro in provincia di Agrigento. Campo era il vice di Sutera, l'uomo da utilizzare quando su Sutera mettevano le mani le forze dell'ordine. Del resto, prima della cattura di ieri, le ultime immagini certe di Matteo Messina Denaro risalgono al 2009 quando l'allora latitante è stato immortalato da una telecamera nascosta mentre stava giungendo in una campagna posta proprio tra Santa Margherita e Montevago. Amicizie, rapporti e presenze fisiche confermate anche dalle deposizioni di diversi pentiti. E ancora. Diabolik avrebbe detto la sua sull'elezione a capomafia della provincia di Salvatore Fragapane, di Raffadali. Fragapane si sarebbe, poi, sdebitato accogliendo Messina Denaro a Casteltermini per un breve periodo iniziale della sua latitanza. Tra i passaggi più importanti della sua presenza dalle nostre parti, anche il regno della Despar allor quando trasformò, in poco tempo, un salumiere, Giuseppe Grigoli, nel re incontrastato della Grande Distribuzione Organizzata. Per colpa di Messina Denaro, si rischiò una gravissima guerra di mafia nel versante occidentale della provincia di Agrigento tra il mafioso riberese Giuseppe Capizzi, alleato del capomafia Giuseppe Falsone, e proprio Giuseppe Grigoli. Capizzi, praticamente, aveva chiesto il pizzo ai punti Despar, come se lo avesse chiesto, insomma, a Messina Denaro in persona. Per risolvere la controversia ed evitare spargimenti di sangue, il castelvetranese fu costretto a scrivere dei pizzini anche all'allora latitante Bernardo Provenzano, scritti poi rinvenuti nel suo ultimo covo di Corleone.
Si apprende, intanto, che Matteo Messina Denaro potrebbe comparire per la prima volta in un'aula giudiziaria, dopo il suo arresto, nel processo che si celebra a Caltanissetta, in Corte d'Assise d'Appello, dove è imputato tra i mandanti delle stragi di Capaci e via D'Amelio. La prossima udienza è fissata per 19 gennario nell'aula bunker di Caltanissetta. Quella di giovedì potrebbe essere la prima udienza alla presenza, in videoconferenza, dell'imputato. “Se decidesse di collaborare – ha dichiarato il magistrato Nino Di Matteo - lo Stato sia pronto per affrontare la verità”. Verità che, anche dalle nostre parti, potrebbe provocare dei veri e propri terremoti.