accusato di aver ucciso, in piazza a Raffadali, il figlio Vincenzo con 14 colpi di arma da fuoco. Il processo di Appello prenderà il via il prossimo 23 ottobre dinanzi i giudici della seconda sezione della Corte di assise di Palermo. Come si ricorderà, Rampello, in primo grado, era stato condannato a 21 anni di reclusione. L'uomo, intanto, in attesa della sentenza di Appello, è stato scarcerato e posto agli arresti domiciliari munito di braccialetto elettronico, misura che è stata ottenuta dal suo avvocato difensore, Daniela Posante, per via "dell'atteggiamento collaborativo del reo che induce ad escludere il rischio di fuga".
Lo stesso legale, tra l'altro, si è rivolta alla Corte di assise di appello di Palermo impugnando la sentenza di primo grado, emessa ad Agrigento, e chiedendo un'ulteriore riduzione di pena. Gaetano Rampello, sin da subito, ha confessato l'omicidio del figlio Vincenzo, avvenuto, tra l'altro, in pieno giorno, in piazza, alla presenza di alcuni testimoni e delle riprese delle telecamere di videosorveglianza poste nella zona. Stando alle indagini e alle ricostruzioni, Vincenzo Rampello è stato ucciso con la stessa pistola d'ordinanza del padre al culmine dell'ennesima lite per motivi economici. Secondo il padre, il figlio sarebbe stato violento, avrebbe sofferto di problemi psichici e avrebbe chiesto continuamente soldi al genitore, anche durante il loro ultimo appuntamento, quello fatale. I giudici hanno escluso le aggravanti della premeditazione e riconosciuto a Gaetano Rampello le attenuanti generiche e della provocazione che hanno consentito di contenere molto la pena.
Infatti la PM Elenia Manno, a suo carico, aveva chiesto 24 anni di carcere, mentre la sentenza di primo grado si è fermata a 21. L'omicidio sarebbe avvenuto a seguito di anni di violenze e sopraffazioni da parte del 24enne ai danni del padre, con il giovane, già sofferente per le sue problematiche, che avrebbe subito, suo malgrado, il clima conflittuale fra gli stessi genitori che si erano separati in malo modo.
L'imputato dovrà risarcire l'ex moglie, l'ex cognato e l'ex suocera che si sono costituiti parte civile. Allo stesso tempo, la madre e lo zio del ragazzo sono finiti sotto inchiesta per falsa testimonianza perché, secondo l'accusa, durante il processo di primo grado, avrebbero sminuito e negato i problemi psichiatrici del giovane.