di Santa Margherita Belice, Melchiorre Ferraro, tra gli indagati nell’inchiesta sulla cosiddetta "mafia dei pascoli", comandata secondo gli inquirenti dalla locale famiglia mafiosa guidata dal boss Pietro Campo. Ferraro, 60 anni, è un imprenditore agricolo e per un paio d'anni ha fatto parte dell'amministrazione comunale guidata da Franco Valenti. La Dda aveva chiesto l'applicazione della misura cautelare, ma il Gip non ha condiviso la richiesta, ridimensionando l'ipotesi di reato a lui contestata in origine da estorsione in concorso a minaccia.
L'inchiesta culminata oggi con i cinque provvedimenti cautelari, e di cui parliamo nella prima pagina nostro Telegiornale, si è avvalsa anche delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Calogero Rizzuto (già al vertice del mandamento mafioso di Sambuca), e Vito Bucceri, membro della famiglia mafiosa di Menfi. Già nel 2022 Rizzuto aveva detto ai magistrati che le spartizioni dei terreni per il pascolo risalgono a tempi antichi, e che un nuovo pastore può inserirsi solo se gli danno il permesso e non disturba nessuno, in ogni caso mai prima di chiedere il permesso a chi gestisce la famiglia mafiosa. Rizzuto aveva aggiunto di essere invitato dai pastori più importanti a mediare con Ciaccio, affinché nei pascoli non sconfinasse nei loro terreni.
Anche le dichiarazioni di Bucceri sono state considerate utili a comprendere il sistema dell'utilizzo dei terreni. "Funziona - aveva detto Bucceri - che chi ha le pecore va a parlare con il proprietario del terreno per chiedere di pascolare, e se gli dicono di sì gli viene regalato magari un formaggio e tra di loro si mettono d’accordo bonariamente. Se il proprietario del terreno dice di no, gli tagliano le viti. I proprietari dei terreni nella divisione dei pascoli non contano niente. Ciaccio e Campo vanno dove vogliono. A Campo non si dice di no, nessuno parla perché hanno paura, basta che si presentano loro, gli dicono di si. Se non lo fanno, si piangono le conseguenze", aveva raccontato Bucceri.
Agli atti dell'inchiesta c'è anche un'intercettazione telefonica del 2020 nella quale Ciaccio avrebbe minacciato il custode della diga Arancio, con cui conversava, pretendendo da lui che parlasse con un pastore affinché quest'ultimo non pascolasse le greggi in un determinato terreno.