per svolgere gli incarichi di direttori delle rispettive unità operative complesse di appartenenza. Tre quelli al lavoro all'ospedale "Giovanni Paolo II" di Sciacca: Michele Barbera per l'Urologia, Ennio Ciotta per la Cardiologia e Giuseppe Tulumello per Ortopedia e Traumatologia. In qualche caso si tratta di rinnovi, in altri di nomine di "facenti funzioni". Nomine che serviranno a coprire il fabbisogno per i prossimi 9 mesi. Al San Giovanni di Dio di Agrigento i primari saranno Antonino Savarino per l'Oncologia, Leonildo Sichel per la Chirurgia vascolare, Salvatore Albanese per Medicina e Chirurgia di accettazione e urgenza; Giuseppe Mira per Medicina interna, il saccense Michele Bono per la Radioterapia, Maria Rita Falco Abramo per Ostetricia e ginelocogia, Gerlando Fiorica per Anestesia e rianimazione. Quattro i primari nominati a Licata: Angelo Cutaia per la Cardiologia, Santo Alberto Rapisarda per Ortopedia, Angelo Gambino per Recupero e riabilitazione funzionale, Marurizio Angelo Damanti per Medicina e chirurgia d'accettazione. A Canicattì, infine, nominati primari Luciano Sutera Sardo per Cardiologia, Tiziana Marcella Attardo per Medicina e chirurgia di accettazione e Vincenzo Scattareggia per Ostetricia e ginecologia.
Ratifiche che sono passaggi obbligati sul piano procedurale, ma che naturalmente non sono certamente i provvedimenti più importanti che si attendono sul fronte dell'organizzazione di una Sanità (quella ospedaliera e non solo) che continua a scontare una fase di preoccupante stagnazione anche in ordine alla necessaria riorganizzazione post emergenza Covid. Si sa, peraltro, che secondo le nuove direttive regionali, con l’approvazione dell’Atto aziendale l'Asp dovrà rivedere il suo attuale assetto organizzativo, rimodulando le varie unità operative complesse e semplici. Da ciò per gli ospedali e il territorio si dovrebbe ridisegnare una nuova geografia sanitaria per la nostra provincia. La sensazione prevalente è che questo tipo di problemi rilevi ancora una volta più per questioni di nomine e gestione politico clientelare che per la strettissima necessità di garantire ospedali che siano in grado di fornire risposte concrete alla popolazione. Situazione, questa, di cui ci siamo occupati nei giorni scorsi in ordine ad una condizione, quella dello stesso "Giovanni Paolo II", per la quale come è ormai noto, il Comitato civico per la Sanità ha deciso di innalzare il livello della preoccupazione, annunciando una iniziativa plateale, ovverosia l'organizzazione di un presidio proprio all'ingresso del nosocomio come manifestazione simbolica di protesta anche contro la mancata nomina di un nuovo direttore generale in senso all'Asp di Agrigento, tuttora retta dal dottor Alessandro Mazzara ma nella qualità di "facente funzioni".
La fase di ritorno al funzionamento di tutti i servizi (a partire da quelli ambulatoriali) sospesi durante la fase di emergenza nella battaglia contro il coronavirus si sta rivelando più faticosa del previsto. Così come oltremodo faticosa sembra essere la stessa gestione degli accessi nei singoli reparti, malgrado le prescrizioni previste per lo stazionamento all'interno della cosiddetta "zona grigia", quella dove i pazienti devono stazionare in attesa che il tampone confermi la loro negatività al coronavirus. Una situazione, quella dell'ospedale di Sciacca, che sta vedendo la politica locale registrare una significativa unità d'intenti, tra chi è in amministrazione e tra chi è in opposizione, a simboleggiare finalmente un approccio diverso nei confronti di un'emergenza che non ha colore politico, anche se a livello regionale e provinciale la politica continua ad abbeverarsi liberamente di sanità.
E l'avviamento di un'indagine conoscitiva in merito all'effettiva destinazione del personale sanitario reclutato per l'emergenza Covid è stata chiesta con un interrogazione al presidente della Regione e all’assessore per la Salute dal deputato Regionale l'On. Carmelo Pullara capogruppo Popolari e Autonomisti all'Ars. Denuncia, Pullara, che alcune Asp avrebbeero utilizzato il personale assunto per l’emergenza covid per coprire necessità di altro tipo non strettamente legate alla pandemia.