rischia di far precipitare nuovamente Sciacca nell'occhio del ciclone. Il sospetto infatti è quello di un nuovo avvelenamento di randagi. Lo rivela lo stesso fatto che sono un paio le carcasse, tra quelle rinvenute, già prelevate dall'Ufficio veterinario dell'Asp per le verifiche del caso. Almeno uno di questi esemplari sarà trasferito all'Istituto Zooprofilattico di Palermo per accertare l'eventuale morte da ingestione di sostanze tossiche. In queste ore il responsabile dell'ufficio sta predisponendo un'informativa per la procura della Repubblica, segnalando come, al momento, l'avvelenamento sia soltanto un'ipotesi ancora da accertare. Circolano indiscrezioni secondo cui la moria di cani nella zona potrebbe avere riguardato un numero addirittura spropositato di esemplari, e che qualcuno avrebbe già proceduto a seppellirne diversi. Sono solo voci, s'intende, non ci sono conferme, malgrado appaia inevitabile, anche alla luce dei sospetti dello stesso Ufficio veterinario, che l'area di Santa Maria debba essere transennata dal comune. Tanto più che, se ci trovassimo davvero di fronte ad un nuovo maxiavvelenamento, non sarebbe da escludere la presenza, nella zona, di altre possibili esche avvelenate. Solo gli accertamenti dell'Istituto Zooprofilattico potranno dare una prima risposta che permetta o meno di trasformare quelli che al momento sono solo sospetti in notizie certe. La questione, naturalmente, rileva in generale dal punto di vista di un problema, quello del randagismo, che non può essere certamente affrontato avvelenando i cani, magari riaccendendo la miccia delle polemiche più indiscriminate, frutto in qualche caso di esaltazioni collettive. Così come dalla stessa contrada Ferraro ci giungono le foto che vi siamo mostrando e che sono rivelatrici di una circolazione indiscriminata di cani, la stessa che vi abbiamo segnalato nei giorni scorsi anche in via Figuli o alla Panoramica della Perriera. I temi sono quelli a tutti noti, che non esentano nessuno dalla responsabilità di limitare il fenomeno. C'è un ruolo dell'amministrazione pubblica, naturalmente, che non può limitarsi alle convenzioni con i canili per il ricovero dei randagi. Per non dire che il numero di sterilizzazioni che vengono effettuate è tuttora troppo basso. C'è anche una responsabilità che non va sottaciuta, quella dei cani che hanno un padrone ma che, non sterilizzati, vengono lasciati liberi durante il giorno e, dunque, anche liberi di accoppiarsi e di riprodursi. C'è infine la responsabilità di sedicenti "animalisti" i quali, sfamando puntualmente e quotidianamente i cani randagi, alimentano la formazione di branchi in specifiche zone, con un incremento giornaliero di nuovi esemplari, attratti naturalmente dal cibo. Le responsabilità sono diverse, dunque, ed è difficile che qualcuno possa sentirsi legittimato a puntare il dito sugli altri. Prima o poi gli avvelenatori di cani verranno acciuffati e dovranno rispondere delle loro responsabilità di fronte alla legge, oltre che alla morale. Nel frattempo il randagismo non si affronta di certo facendo la lista dei buoni e quella dei cattivi, ma con il rispetto delle regole.