ciò che rimane del barchino utilizzato dalla ventina di migranti (tutti di nazionalità tunisina) sbarcati a Sciacca la sera della vigilia di Ferragosto. Barchino poi andato a fuoco, mentre polizia e carabinieri cercavano di bloccare gli uomini che a loro volta, giunti sulla terraferma, tentavano di far perdere le proprie tracce. Qualcuno c'è anche riuscito. Adesso, infatti, stando almeno a quanto risulta, all'appello mancherebbero almeno una mezza dozzina di persone, che evidentemente sono riuscite a dileguarsi, mentre quelle che le forze dell'ordine erano riuscite regolarmente a bloccare sono state trasferite al centro di accoglienza di Porto Empedocle, dove sono stati sottoposti al tampone in attesa che le autorità ne dispongano il rimpatrio.
La vigilanza della costa è massima, per quello che è possibile, naturalmente, visto che il litorale agrigentino è particolarmente esteso e considerato il numero (che non è certamente infinito) di personale della capitaneria. Dal momento dello sbarco di San Marco, e per diverse ore, i militari della Guardia costiera, agli ordini del comandante Giuseppe Giannone, hanno svolto ripetute ricognizioni in mare alla ricerca di eventuali naufraghi. Ricerche che, per fortuna, hanno dato esito negativo. Perché la priorità in questi casi è salvare la vita delle persone.
Stando a quanto si apprende il barchino utilizzato (e poi andato a fuoco) è stato sottoposto a sequestro, così come prevedono le procedure, e adesso si è in attesa del via libera della procura della Repubblica di Sciacca per la sua distruzione. Eppure sul tema stamattina i consiglieri comunali Cinzia Deliberto e Salvatore Monte hanno presentato un'istanza al sindaco Francesca Valenti per chiederle di valutare celermente, in stretta sinergia con la capitaneria di porto, dopo tutti i rilievi degni del caso, la bonifica del litorale di san Marco con la rimozione del relitto. Fanno notare, Deliberto e Monte, come la comunità viva di turismo, di mare, di bellezze artistico/monumentali ed ovviamente paesaggistiche. Sottolineano, inoltre, i due esponenti dell'opposizione, come il gasolio presente nei serbatoi, la batteria, l’olio del motore rappresentino prodotti inquinanti. "Occorre - concludono - tutelare la nostra costa ed il nostro mare. Siamo sicuri che la rimozione potrà avvenire celermente".
Quello del 14 sera è stato il secondo sbarco in poche ore avvenuto sul mare saccense. Un'altra decina di tunisini erano arrivati poco prima a Sovareto, e prima ancora un altro barchino era approdato a Piana Grande, nel territorio comunale di Ribera. Ci si aspetta a questo punto che si verifichino altri sbarchi, da una rotta tunisina che vede autentiche fughe da un paese sull'orlo del default economico.
Un argomento che vede assai sensibile una parte dell'opinione pubblica, anche con collegamenti con l'escalation dei numeri di contagiati dal coronavirus in Sicilia.