dei rispettivi consigli comunali, decisa come sanzione per la mancata approvazione dei conti consuntivi, hanno fatto scuola, creando una sorta di spartiacque per il futuro. Al punto tale da indurre la stessa Assemblea regionale siciliana a varare una norma (sostenuta naturalmente anche dall'Esecutivo) che, negli intendimenti (ancorché probabilmente non del tutto chiari né risolutivi, come rivelano alcuni dubbi giuridici tuttora in essere), punta a scongiurare per il futuro ulteriori situazioni del genere, confermando lo scioglimento del consiglio solo in caso di mancata approvazione del bilancio di previsione, non certo dunque dei rendiconti, per i quali va fatta salva la possibilità di esprimere un giudizio politico senza rischiare il suicidio.
Ma la vicenda in questa fase ha assunto rilevanza giudiziaria. Dopo il no del TAR di Palermo al ricorso di 8 ex consiglieri comunali di Sciacca al ripristino delle funzioni del civico consesso, nelle scorse ore sul tema è tornato a pronunciarsi un altro TAR, ossia quello di Catania, in quel caso sul ricorso presentato dai consiglieri di Siracusa, ma per le stesse ragioni di quelli di Sciacca. TAR di Catania che non ha annullato lo scioglimento del Consiglio comunale ma solo per una ragione di tipo procedurale. I ricorrenti infatti si sono limitati ad evidenziare come, dal loro punto di vista, lo scioglimento del consiglio per mancata approvazione del Consuntivo, rappresentasse in buona sostanza una misura sproporzionata a fronte di una procedura commissariale ritenuta illegittima perché carente di adeguata motivazione. Ma per i giudici amministrativi catanesi (che si erano pronunciati anche con una sentenza precedente) il punto della questione non è tanto questo, quanto l'assenza di una norma regionale che disciplini questa materia, non ravvisando dunque l'illegittimità del commissariamento (quello che era stato chiesto dai ricorrenti) pur considerando indubitabile che la sanzione dello scioglimento del consiglio comunale in ambito regionale non dovrebbe essere applicabile in assenza di una specifica disposizione legislativa regionale in tal senso”. Lo scrivono nero su bianco i magistrati del TAR di Catania, con un pronunciamento che rivela un orientamento completamente opposto rispetto ai loro colleghi palermitani, che respingendo l'ipotesi di vizio di incompetenza sulla decisione di sospendere il consiglio (assunta dai funzionari e non dall'assessore), hanno detto no anche al ripristino del Consiglio considerando assimilabile alla legislazione regionale quella nazionale, ancorché questa sia difforme, visto che da Reggio Calabria in su la legge stabilisce che ad andare a casa in occasione di bocciature del rendiconto siano sia il consiglio che il sindaco.
Questa vicenda è uno spartiacque anche per un'altra ragione, perché nei giorni scorsi si è inserito anche il parere dell'ufficio legislativo e legale della Regione siciliana, che in buona sostanza opinava (evidentemente contro le stesse leggi regionali) come ad oggi la sanzione dello scioglimento del consiglio comunale per la mancata approvazione del Consuntivo fosse sbagliata. Parere completamente difforme da quello che il predetto ufficio aveva espresso nel 2013. Per due TAR in contrapposizione, solo il CGA potrebbe trovare la sintesi per dare a questa vicenda la certezza del diritto.