Agrigento Franco Micciché che si sarebbe messo di traverso relativamente all'istituzione della società consortile pubblica che dovrebbe occuparsi, in futuro, della gestione del servizio idrico in provincia e, probabilmente, così sarà. Il Consiglio Comunale di Agrigento, infatti, nella seduta del prossimo 25 marzo, si appresta a votare lo Statuto della Società con allegata ed insita una proposta di modifica, un passaggio formale rilevante. Se il punto dovesse essere approvato, infatti, renderebbe nulli tutti gli statuti già votati precedentemente dagli altri Comuni della provincia, costringendo i vari consigli comunali a votare nuovamente oppure costringendo un commissario regionale ad intervenire in tale direzione. Una sorta di ripartenza da zero che, oltre a far trascorrere altri mesi, avrebbe esiti finali tutt'altro che scontati.
La richiesta di modifica dello Statuto della società consortile sarebbe arrivata, al consiglio comunale di Agrigento, direttamente dai revisori dei conti che, a quanto pare, avrebbero rilevato l'esistenza di diverse criticità nel documento, economiche e formali. Secondo i revisori dei conti agrigentini, infatti, servono più documenti per comprendere i reali effetti economici che, a lungo termine, la società consortile avrà sui Comuni. I revisori chiedono che lo statuto venga modificato all'articolo 35, perché la sua attuale formulazione "potrebbe pregiudicare l'equilibrio economico finanziario dell'Ente". L'articolo in questione stabilisce che i comuni si facciano carico della copertura di costi, quindi che le casse pubbliche paghino eventuali perdite economiche societarie, cosa per niente gradita né ai revisori né al sindaco di Agrigento Franco Miccichè. Si chiede, in pratica, di determinare in modo preventivo sia il piano economico della società consortile sia quanto il Comune dovrà mettere nel proprio bilancio per coprire eventuali perdite e garantire l'equilibrio economico-finanziario. Da Agrigento, dunque, arriva almeno formalmente un Si all'acqua pubblica, ma un no ad una forma di gestione che potrebbe costringere le amministrazioni locali a pagare somme spropositate in caso che le cose non vadano per come previsto. Dopo il voto del 25 marzo, si saprà se la società consortile avrà o meno un futuro. Se si dovesse ripartire da zero, si ricorda, ovviamente, che Sciacca non ha più il consiglio comunale.