è stata ricevuta dalle locali istituzioni, con una piccola manifestazione che si è svolta all'interno dell'aula consiliare.
È stata questa la conclusione della prima tappa dell'iniziativa di protesta promossa dall'amministrazione comunale e che ha registrato adesioni di liberi cittadini e soprattutto di comitati, associazioni sodalizi. Un segno di condivisione a livello di enti locali della battaglia per far rinascere le Terme, che evidentemente vengono considerate un patrimonio territoriale, e non soltanto comunale.
La ripresa della marcia (oggi la seconda tappa con arrivo a Corleone) sta vedendo i partecipanti attraversare soprattutto percorsi rupestri, e l'attraversamento delle località intermedie, dove i gruppi vengono salutati dalle autorità civiche, alcune delle quali si sono impegnate, tra 48 ore, a partecipare all'approdo della marcia in quel di Palermo.
Intanto a Sciacca in queste ore l'argomento al centro del dibattito pubblico (e anche privato) è evidentemente il contenuto dell'intervista che ieri il presidente della Regione Nello Musumeci ha rilasciato al nostro Telegiornale. Intervista che ha messo benzina sul fuoco di quello che ormai è a tutti gli effetti uno scontro istituzionale tra comune di Sciacca e Regione Siciliana, con il governatore che, mantenendo un tono solo apparentemente sobrio, ha reagito pesantemente nei confronti dell'iniziativa voluta da Francesca Valenti. Iniziativa definita solo “teatro” dal presidente.
Dichiarazioni che oggi il segretario della Camera del Lavoro “Accursio Miraglia” Franco Zammuto definisce “incredibili e sconcertanti”, soprattutto nella parte in cui il governatore ha dichiarato di non potere risolvere in tre anni di governo quanto compromesso in 30 anni di gestione fallimentare, poi citando solo Rosario Crocetta e, addirittura, Angelo Capodicasa dimenticando però Cuffaro e Lombardo. “La Camera del Lavoro di Sciacca – dice Zammuto - giudica Musumeci assolutamente inadeguato”.
In ogni caso la marcia a piedi su Palermo giunge anche al culmine di un lungo periodo di attesa di riscontri da parte della politica regionale nei confronti del recupero delle Terme di Sciacca. E comunque nessuno, da destra a sinistra, ha mai negato le gravi responsabilità del governo Crocetta nella decisione di chiudere gli impianti e, dunque, va da sé che proprio su questa parte delle accuse di Musumeci nessuno a Sciacca è interessato a smentirle.
Per il resto, non si può negare che la questione sia di difficile soluzione, e che il fallimento dei bandi pubblici per trovare un partner privato abbia generato una condizione che si è poi trovata nel clima della pandemia, che ha rallentato qualsiasi procedimento, visto che le priorità erano diventate quelle sanitarie. Ma questa è questione solo dell'ultimo anno. La notizia data ieri da Musumeci di un “quarto bando” all'orizzonte appare più deprimente che confortante, perché se questo nuovo avviso dovrà essere preceduto da un intervento di manutenzione degli impianti, temere che i tempi si allunghino ulteriormente e a dismisura non è sbagliato. Perché alla fine, diciamoci la verità, non è una cosa normale dovere fare ricorso alle iniziative eclatanti e mediaticamente forti per avere la giusta attenzione da chi possiede un potere decisionale fondamentale su una risorsa millenaria, quella di Sciacca, che oggi si è ridotta al degrado e all'abbandono. E merita attenzione e riconoscimento per i fatti della storia il tentativo fatto nel mese di maggio del 2015, esattamente 6 anni fa, dall'allora sindaco Fabrizio Di Paola, che insieme ad un gruppo di lavoratori e ad alcuni consiglieri comunali (in quel caso anche di opposizione) andare a Palermo a chiedere udienza all'allora governatore Crocetta. Udienza che non fu accordata, naturalmente. Il resto è storia nota. Ecco perché la città di Sciacca farebbe una cosa buona e giusta se ritrovasse il senso della comunità e se la smettesse di accapigliarsi vicendevolmente per ragioni diverse, soprattutto se e quando le predette ragioni non hanno nulla a che fare con il destino delle Terme.