Sono questi alcuni dei dati relativi al 2020 presenti nel Rapporto sulla situazione economica della Sicilia, elaborato da DISTE Consulting, fondazione guidata da Pietro Busetta, ordinario di Statistica economica all’Università di Palermo. Il rapporto, intitolato “Il diritto di restare”, è stato presentato nel corso di un evento online lo scorso 10 giugno e fotografa la crisi attraversata dall’isola in questo ultimo anno e mezzo. Lo studio, però, non si sofferma solo sui numeri della crisi ma cerca anche di guardare al futuro, indicando una possibile ripartenza attraverso una serie di investimenti in infrastrutture e capitale umano per diminuire il divario enorme ancora esistente con le regioni del centro nord. Nei numeri della crisi siciliana, la prima cosa che è stata analizzata è la produzione che in Sicilia, come si diceva, è diminuita in termini monetari di 13 miliardi di euro, con una contrazione rispetto al 2019 di 10,1 punti percentuali: una flessione grave, attribuibile in prevalenza al settore dei servizi, l’83% per cento di questa perdita, ma ha toccato anche l’industria, ed in forma più lieve, anche i settori delle costruzioni e dell’agricoltura. E' chiaro che, hanno evidenziato gli esperti, la colpa di tale situazione non è solo il virus che certamente ha inciso: le drammatiche statistiche che vengono fuori da questo rapporto, sicuramente, hanno origini più lontane. Già prima del covid l’economia siciliana era adagiata sul fondo del ciclo recessivo, ininterrottamente dal 2008, oggi ci sono cifre più pesanti ma tutto è iniziato undici anni fa. Il Pil per abitante scende a 16 mila 383 euro con un divario del 40% rispetto alla media italiana ed del 50 per cento con le regioni del nord. Aumenta la povertà: le famiglie in povertà assoluta sono 235 mila e 685 mila le persone in povertà assoluta. Numeri drammatici che testimoniano come tanta gente in Sicilia non ha come sopravvivere.