Il monito di Tito Livio è il più idoneo a significare la vacuità della piega che ha preso il dibattito sulle Terme, esasperatamente preso dalla diaspora tra "forma" e "sostanza", dove la rincorsa al cosiddetto "galateo istituzionale" ha disperso perfino le molliche di Pollicino, al punto tale che rischiamo di non ricordarci più nemmeno di cosa stavamo parlando, nella sublimazione drammatica dell'antico dilemma se sia più utile guardare "la luna" piuttosto che "il dito" che la indica.
La solita politica più o meno permalosa si attarda da un mese su quello che sarebbe stato giusto fare e su quello che si sarebbe invece dovuto evitare. E allora oggi anche noi diciamo la nostra. Anche se la stanchezza si tocca con mano, e anche se perfino la "pancia" della città (se è quella a cui parla chi inorridisce per un invito tramite intervista piuttosto che su carta vergata) ormai non è più disposta a digerire ulteriori scontri e polemiche. Eccezion fatta per i cortigiani dell'una e dell'altra parte, s'intende.
E così, dopo la marcia lungo il cammino di San Bernardo (con annessa maledizione televisiva imposta da Nello Musumeci in persona, offeso da uno striscione di cui, per la verità, si sarebbe dovuto fare a meno) Francesca Valenti si è vista costretta a provare a rimediare ad alcune oggettive omissioni della vigilia.
Lo ha fatto telefonando, invitando, scrivendo, consultando, in una parola: coinvolgendo gli altri protagonisti della vita pubblica. Anche se, poi, come si vede dal tono della discussione, la colpa di tutto rimane soltanto sua. Malgrado il tentativo di correre ai ripari, infatti, in ogni caso la prima cittadina subisce ulteriori improperi, che si aggiungono a quelli precedenti. Come quello di Ignazio Messina, che a capo dell'associazione "Ora Basta" non si è accontentato di un invito generalizzato rivolto dalla Valenti "a tutti i comitati" per parlare della vertenza al comune. Scelta operata - così ha cercato di chiarire la diretta interessata - proprio al fine di scongiurare il rischio di dimenticarne qualcuno.
Va detto poi che il coinvolgimento degli ex consiglieri comunali, se fatto per tempo, avrebbe evitato che si sprecassero servizi televisivi e articoli che si sono rivelati utili solo a pestare l'acqua nel mortaio. Va anche detto che lo stesso coinvolgimento dei due soli deputati regionali saccensi è stato un errore, perché - per dire - una come Margherita La Rocca Ruvolo non avrebbe dovuto essere esclusa dall'incontro di ieri con i parlamentari. Ma tant'è. Fatto sta che, in questa specie di cronoscalata piena di curve, le necessità della comunità di Sciacca si ritrovano perfino con il problema di dovere addolcire caratteracci, smussare spigolature e domare spiriti più o meno vendicativi.
E così, piuttosto che capire cosa sarà delle Terme, siamo costretti a preoccuparci di come fare a convincere il presidente della Regione a tornare a parlare col sindaco, nella necessità di "scordare quel passato" che è un problema anche per questo governo della Regione, lo stesso che continua a ricordare a tutti noi che le Terme furono chiuse dal governo Crocetta. Come se non lo sapessimo già e, soprattutto, come se qualcuno da queste parti si sia mai preoccupato di difendere quell'esecutivo per la decisione scellerata di chiudere tutto. Sarebbe utile capire però da quando è consentito, dopo 4 anni, iniziare a conteggiare e considerare anche come "passato" quello dell'attuale governo.
E così, tornando a Tito Livio, Sciacca è sempre più come Sagunto. E lo è perché, diciamocelo pure, le manca il senso della comunità. Perché i suoi protagonisti continuano imperterriti ad indossare la maglia del loro partito, rivolgendosi esclusivamente ai cortigiani e ai sostenitori del "tanto peggio tanto meglio", invocandone gli applausi o, come è meglio dire, i "like". E dire che nei giorni che stiamo vivendo, quelli degli Europei di calcio, l'invito migliore all'intera città di Sciacca è quello di ricordarsi che malgrado appartengano a squadre di club diverse tra di loro, quando indossano la maglia azzurra i calciatori della Nazionale condividono un progetto unitario. Ma, purtroppo, questo è chiedere troppo. E allora continuiamo pure a litigare, sapendo però che sarà stato questo a lasciare le Terme, motore dello sviluppo economico e turistico di Sciacca, ancora abbandonate al loro destino. E questo vale per tutti i protagonisti.