conferma un quadro molto desolante sullo stato di salute di un territorio come quello agrigentino dove la capacità di penetrazione della mafia e l'assetto organizzativo della criminalità organizzata incidono pesantemente sulla vita economica e sociale della provincia alimentando una prassi deviata dove si saldano povertà economica e culturale. E' così che il Cartello Sociale della provincia di Agrigento, composto dall’Ufficio di Pastorale dell’Arcidiocesi di Agrigento e dalle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil, commenta la relazione illustrata nei giorni scorsi dal capo della Direzione Investigativa Antimafia di Agrigento Roberto Cilona e consegnata al Parlamento. Una relazione, quella riferita al secondo semestre del 2020, che se da un lato ha evidenziato un dato importante e cioè l'incremento di quasi il 50% delle denunce di estorsione rispetto al semestre precedente, dall'altro ha messo in luce ancora una volta come il fenomeno mafioso sul territorio agrigentino tenda a soggiogare le realtà commerciali e imprenditoriali attraverso il pagamento di denaro o altre utilità. Una relazione che ha poi confermato la natura tradizionalista di cosa nostra agrigentina ed il suo forte radicamento sul territorio, i legami con le famiglie catanesi, nissene, palermitane e trapanesi non disdegnando rapporti con realtà criminali oltre lo Stretto, e con il superboss latitante Matteo Messina Denaro che continuerebbe a mantenere attive le comunicazioni con i capi delle famiglie agrigentine e un ruolo di rilievo per le decisioni strategiche. Risulta infatti, dalla relazione della Dia, che al latitante i capimafia della provincia di Agrigento“…riconoscano unanimemente l’ultima parola sull’investitura ovvero la revoca di cariche di vertice all’interno dell’associazione…”. Il boss di Castelvetrano sarebbe quindi “…a tutt’oggi in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere in cosa nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di invisibilità”. Auspichiamo, scrive oggi nella nota il Cartello Sociale della provincia di Agrigento, che su questo quadro tristemente fosco si possa avere una forte reazione dell'opinione pubblica per non lasciare sole le forze dell'ordine e la magistratura a contrastare le strategie della mafia e della criminalità organizzata. In questo senso auspichiamo altresì, prosegue la nota, che la politica buona dia il suo contributo alla causa recuperando anche la dimensione pedagogica nel suo impegno quotidiano. Siamo infine convinti, concludono don Mario Scorce, Salvatore Pezzino, Alfonso Buscemi, Emanuele Piranio e Gero Acquisto, che sul nostro territorio ci siano anche delle risorse che non si rassegnano alla cultura mafiosa e con grandi sacrifici portano avanti azioni ed attività economiche che rappresentano delle punte di eccellenza che fanno ben sperare nel necessario e possibile cambiamento di mentalità e atteggiamento.