È da ieri sera, da quando è stata diramata da diversi sindaci l'allerta meteo con codice arancione che si susseguono i commenti sui social. Sullo sfondo l'argomento più interessante, ossia: la chiusura o meno delle scuole. Nelle scorse ore l'ironia, facile facile col senno del poi, circa il fatto che le piogge attese non ci sono state. Non c'è molto da scherzare, soprattutto se si pensa che anche lo scorso 25 novembre il codice era arancione. In quel caso ci si lamentò che non fosse rosso. Ma la palla di vetro non ce l'ha nessuno. Le previsioni del tempo ci azzeccano spesso, ma è sempre un evento futuro, suscettibile dunque di non rispettare in maniera scientifica quanto immaginato alla vigilia. È difficile per un sindaco prendere la decisione migliore. Tutto viene lasciato alla loro discrezione. Lo dimostra il fatto che a Calamonaci il sindaco Vincenzo Inga ha disposto la chiusura delle scuole, mentre a pochissimi chilometri di distanza Carmelo Pace non lo ha fatto. Così come non lo hanno fatto nemmeno Francesca Valenti a Sciacca e il fratello Franco a Santa Margherita. Il punto è che è pericoloso accollarsi il rischio. Il ricordo di quanto è accaduto il 25 novembre, ma anche i disagi che si sono verificati due mesi dopo, è ancora troppo vivo nella memoria di tutti. Sciacca, peraltro, ha anche pagato un tributo pesante all'alluvione dello scorso anno, la morte di Vincenzo Bono, il sessantenne travolto dal fango tra Cava di Lauro e Muciare, disperso e mai più ritrovato malgrando le ricerche incessanti. La preoccupazione più grave, naturalmente, quella riguardante i bambini e gli studenti che frequentano gli istituti scolastici. Genitori così in ansia da chiedere e pretendere conferme su conferme circa l'assenza di una disposizione di chiusura delle scuole. Insomma: le allerta meteo generano ormai una autentica psicosi. E dire che lo scorso anno il capo della protezione civile regionale affermò che non era automatico chiudere le scuole perfino in presenza di un codice rosso. Scaricando, di fatto, sui sindaci, ogni responsabilità finale. Il 25 novembre dello scorso anno le scuole rimasero aperte. Ne scaturì molta confusione, con alcuni dirigenti che ad alluvione in corso mandarono i ragazzi a casa. Momenti concitati, comprensibile che non si sapesse più che cosa fare. Ma è alla luce di tutto questo che le famiglie oggi sono particolarmente preoccupate. La conclusione è che se la prevenzione è fondamentale (purtroppo a livello di rischio idrogeologico non c'è porzione di territorio nazionale indenne da pericoli), forse è anche vero che si sta un po' esagerando. Arriveranno altre allerta meteo, ma forse occorre una sorta di educazione civica per come gestirle senza per forza finire nel panico, e senza considerare che ieri c'era chi, addirittura, notava la presunta incongruenza nell'invito del sindaco a non frequentare determinati luoghi pericolosi quando i predetti luoghi erano quelli dove si trovano proprio le scuole. Le uniche considerazioni sagge sono state quelle che hanno ribadito che è impossibile conoscere quello che accadrà in futuro e quelle che si sono domandate come sono sopravvissute le precedenti generazioni, quelle che non sapevano cosa fosse un'allerta meteo e che andavano a scuola perfino sotto la grandine. Ma forse è meglio indugiare nella prevenzione. Anche quella che poi si rivela infondata, come la mattinata di oggi.