è un vero e proprio snodo cruciale per il futuro della gestione pubblica dell'acqua in provincia di Agrigento. L'avvio piuttosto faticoso di A.i.c.a. e le difficoltà che la neonata azienda speciale consortile sta affrontando per fronteggiare le emergenze sembra stiano alimentando una vera e propria fronda tra sindaci pronti a cambiare nuovamente gli attuali assetti, quelli nati dopo l'estromissione di Girgenti Acque dalla gestione idrica. Per il ruolo di nuovo presidente dell'Assemblea Territoriale Idrica sembrano alte le quotazioni di Domenico Gueli, sindaco di Santa Elisabetta, la cui linea si inserisce nella visione strategica di colei che dovrà cedergli il posto, ovverosia Francesca Valenti. Una linea in ferma difesa di A.i.c.a., nella considerazione del fatto che, sebbene tra tanti problemi, la garanzia dell'acqua pubblica dovrebbe essere comunque una sorta di punto fermo. Tuttavia lo scenario appare assai diverso. La gestione da parte dell'Azienda Idrica Comuni Consortili non piace a diversi primi cittadini, che faticano a contenere le proteste dei cittadini per i disservizi a cui il gestore non riesce a porre rimedio con la necessaria tempestività. Il primo a non nascondere la sua insofferenza è stato Franco Micciché di Agrigento. A questo punto mai come in questa circostanza il ruolo della vice presidenza di Ati assume un valore così significativo. Il nodo della questione riguarda essenzialmente le difficoltà gestionali di un'azienda i cui vertici (e i sindaci) si erano illusi di potere utilizzare il prestito-ponte da 10 milioni di euro della Regione siciliana che, però, transitando nelle casse dei comuni (e non direttamente in quella di A.i.c.a.) non è mai stato completamente e concretamente disponibile. I vertici di A.i.c.a. dal canto loro tentano ogni giorno di far passare il messaggio che i conti sono a posto, invitando piuttosto i cittadini a pagare le bollette, con il timore evidente che il clima di sostanziale sfiducia che sta prendendo più o meno piede possa indurre la popolazione ad assumere comportamenti sbagliati e irresponsabili. Le associazioni di categoria nei giorni scorsi hanno denunciato come l'azienda perda 400 mila euro al mese. Dati smentiti dagli amministratori di A.i.c.a. In ogni caso il sistema è imperfetto, così come d'altro canto lo era con la gestione di Girgenti Acque, perché un quarto dei comuni della provincia non ha mai ceduto gli impianti, assumendo una gestione in proprio poi avvalorata dall'articolo 147 del codice dell'ambiente. Diciamoci la verità: la gestione dell'acqua è un argomento troppo appetibile per chi da sempre vuole farne un business. D'altronde la stessa Regione siciliana è compartecipe (addirittura in minoranza, con appena il 25% delle azioni) di una società privata (Siciliacque) che vende l'acqua a chi poi la gestisce. Come dire che non è poi così tanto vero che l'acqua è pubblica, come i politici si affrettano sempre a precisare. Ma se su A.i.c.a. ci sono tutti questi dubbi e perplessità (in parte legittimi) è onesto dire anche che l'alternativa è un ritorno alla gestione privata. Come dire che tutto quello che si è fatto per costruire un'azienda a totale partecipazione dei comuni è stato inutile. Intendiamoci: è una scelta anche questa. È sufficiente soltanto saperlo.