è stato rivelato dal fatto che accordi e mancati accordi sono arrivati quasi al fotofinish con la scadenza del tempo previsto. L'intesa tra Fratelli d'Italia e Ignazio Messina ha così rinfoltito ulteriormente (con l'innesto ufficiale del primo "simbolo di partito") quella coalizione nata dal nucleo solitario dell'ex primo cittadino quella mattina di fine gennaio in piazza Scandaliato e poi moltiplicatasi con una raffica di adesioni che, evidentemente, non erano ancora finite, generando quel quadro politico che ad un certo punto ha ispirato la battuta che da quelle parti ormai erano rimasti soltanto posti in piedi. Ne è venuta fuori un'inversione della parabola messiniana, che da condottiero solitario, con in mano lo scettro di quella che un carro allegorico definì "scupa nova", a punto di riferimento di una coalizione quasi bulimica, la stessa che (ancorché senza Fratelli d'Italia), sulla base del famigerato "effetto trascinamento", aveva illuso in una possibile vittoria sin dal primo turno che, come è noto, è stata soltanto sfiorata. Messina apparentemente non si sottrae ai conti con la storia, ricordando di essere stato dal 1993 l'unico sindaco di Sciacca rieletto, pur riconoscendo di essere salito al comune con l'incoscienza del trentenne che oggi sarebbe secondo lui improponibile. Un riconoscimento che gli serve a spiegare all'elettorato che la presunta incoscienza di un trentenne oggi sarebbe deleteria nei confronti della città. Il dato politico che ne viene fuori è che questa volta, a differenza di 25 anni fa, Ignazio Messina non punta soltanto sul voto d'opinione (a partire da quello geolocalizzato nel quartiere fortezza di San Michele), ma ricorre e in maniera tradizionale all'effetto matematico, aggiungendo e aggiungendo liste a suo sostegno, nella convinzione che alla fin fine 2+2 non può che fare 4. Si potrebbe opinare che 2+2 ha già fatto 4 per quanto riguarda la futura composizione del consiglio comunale, e su questo non ci piove. Adesso manca l'ultimo miglio, in un clima che (anche dopo le vicende delle sezioni 4 e 28) rischia di diventare incandescente.
Dall'altra parte della barricata c'è Fabio Termine. A cui non è sfuggito certo che c'è mancato poco che la partita elettorale potesse definitivamente essere considerata perduta (e per lui sarebbe stata la seconda volta in 5 anni). Il completamento della sua squadra assessoriale ha conclamato una realtà difficilmente discutibile o in qualche modo celabile, ovverosia quella di una coalizione chiaramente di centro sinistra, con in prima fila il Partito Democratico. E tra gli innesti degli assessori designati, oltre alla prima eletta del Pd in consiglio (Valeria Gulotta) e al primo dei non eletti della lista di Mizzica (Francesco Dimino), non poteva certamente passare inosservato il nome di Salvatore Mannino, figlio e nipote d'arte. Ispiratore del Movimento delle Sardine, si era ritrovato al centro della contesa quando l'accordo tra il Pd e Fabio Termine non riusciva a sbloccarsi. Un minuto dopo la sua uscita di scena l'obiettivo è stato centrato. Michele Catanzaro e Fabio Termine hanno raggiunto l'accordo, probabilmente (anzi quasi certamente) perché non c'erano altre alternative possibili.
Ma i temi della campagna elettorale, e questo al di là della volontà dei contendenti, sono 2: da un lato l'accusa di Messina a Termine di rappresentare la continuità dell'amministrazione Valenti, e di contro quella di Termine a Messina di essere a capo di un grande carrozzone con protagoniste le solite facce della politica sciacchitana. Al centro ci sono anche gli aspetti tecnici. Chi perde per un pugno di voti difficilmente si rassegna. Dalle parti di Mizzica, ancorché in un contesto un po' avvelenato dove quelli che sono stati rappresentati come "errori di trascrizione" della sezione 4 sono finiti sotto i riflettori, si ritiene che adesso (apparentamento o meno) la partita sia comunque aperta. E la città assiste a questo confronto, non tutta con la passione dei pasdaran dell'uno e dell'altro schieramento, ma sicuramente con attenzione e occhi su un futuro per il quale, lo diciamo sin da subito, la città di Sciacca, a partire dal 27 giugno, avrebbe bisogno della tanto invocata (fino ad oggi purtroppo solo a parole) pacificazione sociale.