dinanzi al Giudice per le Udienze Preliminari Micaela Raimondo, a costituirsi parte civile nel procedimento scaturito dall'operazione Waterloo, quella che ha fatto finire sotto processo i vertici di Girgenti Acque ma anche un giro di politici, imprenditori e perfino rappresentanti delle forze dell'ordine che - secondo la pubblica accusa - avrebbero fatto parte di una sorta di "cerchio magico" di interessi, favori e assunzioni in cambio di una sostanziale protezione dei propri affari che sarebbe stato gestito da Marco Campione. Nessun'altra municipalità della provincia ha ritenuto di assumere la stessa disposizione nei confronti dell'ufficio legale del comune di Sciacca assunta da Francesca Valenti. A questo fatto si potrebbero attribuire evidentemente significati diversi, ciascuno naturalmente è libero di trarre le proprie conclusioni e i relativi convincimenti. Si potrebbe ricordare che non è stato di certo soltanto col comune di Sciacca che la società che ha gestito per 13 anni le risorse idriche pubbliche in provincia di Agrigento (e oggi sottoposta anche a procedura fallimentare, dopo avere subito 2 interdittive antimafia) ha avuto relazioni che si potrebbero definire difficili.
La questione idrica rileva sotto punti di vista diversi. Nel rispetto della verità sostanziale dei fatti è doveroso ricordare che Girgenti Acque non riuscì mai a gestire le risorse di tutti i 43 comuni della provincia di Agrigento. Contro la consegna delle reti idriche al privato vincitore di un bando (disposto dalla legge sulla creazione delle Autorità Territoriali Ottimali) abbiamo conosciuto quelli che sono stati definiti "sindaci ribelli", la cui posizione di mancata osservanza della norma fu peraltro sanata da una legge regionale ad hoc voluta dall'allora governo Crocetta. Girgenti Acque ha gestito reti, impianti e soprattutto bollette nei comuni dove ha potuto farlo. Ne sono emersi in breve gravi problemi di gestione e ritardi clamorosi nella manutenzione. Nel frattempo diversi dei comuni dissidenti hanno potuto usufruire della norma (il celebre articolo 147) che ha permesso di confermare la gestione diretta delle risorse per quelle municipalità ricadenti in zone particolarmente pregiate dal punto di vista boschivo e della disponibilità di sorgenti naturali dirette. Ma la magistratura aveva anche acceso i riflettori sulla società di Marco Campione. Che con altre società del suo gruppo era anche fornitore della stessa Girgenti Acque. Un'inchiesta della procura di Sciacca accertò che nelle bollette i residenti di zone non servite dal depuratore pagavano il relativo canone. Nell'inchiesta Waterloo ha fatto sensazione il coinvolgimento dell'ex prefetto Diomede, che secondo i pm agrigentini capitanati da Salvatore Vella si sarebbe sottratto dal dovere di infliggere una interdittiva antimafia.
Il resto della vicenda è storia recente: dall'uscita di scena di Girgenti Acque al ritorno (che si sta rivelando drammaticamente problematico) alla gestione pubblica nell'ambito di una azienda consortile contro la quale diversi comuni, in qualche caso molto più di quanto non avevano fatto nei confronti di Girgenti Acque, si sono messi letteralmente di traverso.