fu ucciso dalla mafia perché, con professionalità, rigore e determinazione, le aveva inferto un colpo durissimo, disvelandone la struttura organizzativa e l'attività criminale". Lo ha detto oggi il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel trentesimo anniversario della Strage di via D'Amelio. "La mafia - ha aggiunto il capo dello Stato - li temeva perché avevano dimostrato che non era imbattibile e che la Repubblica era in grado di sconfiggerla con la forza del diritto. Nel trentesimo anniversario del terribile attentato di via D'Amelio, desidero rendere omaggio alla sua memoria e a quella degli agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, che con Borsellino persero la vita a causa del loro impegno in difesa della legalità delle istituzioni democratiche".
Il presidente Mattarella ha aggiunto che "Paolo Borsellino aveva la ferma convinzione che il contrasto alla mafia si realizzasse efficacemente non solo attraverso la repressione penale, ma soprattutto grazie a un radicale cambiamento culturale, a un impegno di rigenerazione civile, a cominciare dalla scuola e dalla società. Preservarne la memoria - ha osservato ancora Mattarella - vuol dire rinnovare questo impegno nel tenace perseguimento del valore della legge, del diniego nei confronti del compromesso, dell'acquiescenza e dell'indifferenza che aprono la strada alla sopraffazione. Il suo ricordo - ha proseguito il Capo dello Stato - impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l'intera comunità non può prescindere. Quell'anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia affinché i processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente. Con questo spirito e nell'indelebile ricordo di Paolo Borsellino, rinnovo ai suoi figli e ai familiari degli agenti caduti, i sentimenti di gratitudine e di vicinanza dell'intero Paese", ha concluso Mattarella.
Una vicenda torbida, la cui ricostruzione storica e processuale rimane piuttosto oscura, in un depistaggio senza precedenti, con la recente sentenza del processo di Caltanissetta (che ha sancito la prescrizione per due poliziotti e l'assoluzione per il terzo) ha creato amarezza tra i familiari delle vittime. "Avremmo voluto celebrare il trentesimo anniversario con una vittoria sulla mafia e quindi con la scoperta della verità, purtroppo sarà anche quest'anno solo un appuntamento rimandato", dice Salvatore Borsellino, fratello del magistrato. "Sono stati celebrati numerosi processi ma ancora attendiamo di conoscere tutti i nomi di coloro che hanno voluto le stragi del '92-'93. Abbiamo chiaro che mani diverse hanno concorso con quelle di Cosa Nostra per commettere questi crimini ma chi conosce queste relazioni occulte resta vincolato al ricatto del silenzio", prosegue Salvatore Borsellino. "Ora chiediamo noi il silenzio - avverte - Silenzio alle passerelle. Silenzio alla politica. Perché invece di fare tesoro di ciò che in questi trent'anni è successo, ci accorgiamo che la lotta alla mafia non fa più parte di nessun programma politico".
Nella ricorrenza del 30° anniversario dell’uccisione del magistrato Paolo Borsellino e degli agenti di scorta, l’Amministrazione comunale di Sciacca, nel mantenere vivo e presente il ricordo, ha provveduto a deporre una composizione di fiori al cippo dedicato alle vittime di mafia presso la Villa Lombardo. “Il ricordo di grandi uomini che hanno sacrificato la propria vita per valori quali la legalità e la rettitudine - dice il sindaco Fabio Termine - deve rimanere imperituro nella memoria di tutti noi, in particolare dei più giovani che non hanno vissuto quegli anni particolarmente difficili per la vita democratica del nostro paese”.