ed approfittando della loro condizione di bisogno. Era questo, secondo i Carabinieri, il metodo adottato da un cosiddetto “caporale” riberese in accordo con il titolare di un’azienda agricola, per ricavare maggiori profitti, approfittando del fatto che molti giovani clandestini, per sbarcare il lunario, erano disposti a tutto. E così alle prime luci dell’alba i Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, in collaborazione ai militari del Nucleo CC Ispettorato del Lavoro, hanno condotto una vasta operazione sul territorio Riberese, tesa al contrasto del fenomeno del “caporalato” e dello sfruttamento del lavoro irregolare. L’attività di controllo è stata attuata in questo particolare periodo dell’anno, caratterizzato dalla intensa raccolta delle arance nelle campagne circostanti il centro crispino. Dopo una preliminare attività informativa svolta da militari dell’Arma in borghese, è scattato il blitz con l’impiego di circa trenta Carabinieri della Compagnia di Sciacca e della Tenenza di Ribera, che hanno setacciato alcuni fondi agricoli in contrada Castellana scoprendo una possibile situazione di sfruttamento nei confronti di vari braccianti agricoli provenienti dall’est europa ma anche dal maghreb. Ed i sospetti si sono rivelati fondati. Infatti i militari dell’Arma hanno sorpreso ed arrestato in flagranza di reato il presunto “caporale”, un 58 enne operaio forestale, originario di Ribera. Denunciate a piede libero altre sei persone residenti nel centro crispino, tra cui il titolare di un’azienda agricola. Sono tutti accusati di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Complessivamente sono stati individuati 10 lavoratori in “nero”, tutti stranieri, impiegati illecitamente nella raccolta delle arance. Sotto il profilo amministrativo, sono state elevate sanzioni per un ammontare pari a 40.000 euro. L’arrestato, su disposizione della Procura della Repubblica di Sciacca (Ag), è stato sottoposto agli arresti domiciliari. Un'inchiesta che si affianca agli sviluppi delle ultime ore nell'altra vicenda con, sullo sfondo, sempre il caporalato, quella che vede i riberesi Ubaldo Schifani e Giuseppe Catanzaro tuttora ai domiciliari. Per il primo è stato chiesto il rinvio a giudizio, mentre i legali del secondo hanno chiesto il patteggiamento della pena a 3 anni di reclusione. Gli indagati avrebbero portato in un terreno, di un’azienda agricola di Ribera, cinque extracomunitari originari del Nord Africa, tutti irregolari, che a loro volta sono stati denunciati per ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Durante il blitz dei carabinieri gli stessi nordafricani sono stati trovati, dopo essere stati, secondo l’accusa, reclutati dai due riberesi, mentre erano intenti a lavorare nel suddetto podere “senza nessun rispetto delle norme sulla sicurezza e con orari difformi da quelli previsti dai contratti e con paga irrisoria”.