e il suo auspicio a non compiere passi indietro rispetto alla realtà rappresentata oggi da Aica, sono elementi che inducono a più di una riflessione. Su ciò che è stato ma anche su quello che potrà e dovrà essere della gestione della risorsa più importante per l'essere umano, in una provincia nella quale le cisterne disseminate sui tetti dei centri urbani sono il simbolo stesso di arretratezza e di lontananza mille miglia dai concetti moderni di qualità della vita. Quelli che, d'altronde, ogni anno vedono questa provincia fanalino di coda di tutte le classifiche. Riflessioni che vanno fatte, e che la prefetta uscente di Agrigento ieri ha consegnato ai cronisti, non tralasciando il tema degli appetiti che non sono certamente svaniti di chi sull'acqua vuol fare un business e quello dei dubbi (non tutti illegittimi, intendiamoci), di coloro i quali contestano apertamente gli attuali assetti, soprattutto se questi generano costi sempre meno sostenibili alle casse comunali. L'assalto organizzato sull'ultimo cda di Aica è stata la riproposizione piuttosto plastica di una realtà dove, ahimè, dalle nostre parti soprattutto, non si deve muovere foglia che la politica non voglia. E non può non fare riflettere il fatto che tra i pochissimi che hanno avuto il coraggio di denunciarlo c'è stato un prete, quel don Mario Sorce, rappresentante della chiesa all'interno del Cartello sociale che sembra davvero uno abituato a dire pane al pane, vino al vino. Il management che ha accompagnato l'avvio di Aica purtroppo non è riuscito, per ragioni varie, a dare un assetto finanziariamente solido alla nuova realtà. Che, sarebbe bene non dimenticarlo, è nata dopo anni di gestione di un privato (Girgenti Acque) destinatario di interdittiva antimafia e di un procedimento giudiziario tuttora in corso. La verità è che non tutti i comuni hanno proceduto verso un'unica direzione. Va detto che Francesca Valenti, che pure inizialmente era convinta che bisognasse orientare il progetto verso la nascita di una nuova Spa, è stata la vera trascinatrice della nascita di Aica, insieme ad altri soggetti, tra i quali è doveroso annoverare anche l'attuale presidente di Aica Alfonso Provvidenza, sindaco di Grotte. Non tutti i sindaci, malgrado ogni giorno si lamentassero sui giornali della gestione insoddisfacente di Girgenti Acque, hanno fatto lo stesso. Lo rivela lo stesso fatto che Aica oggi ha incassato solo 4 dei 10 milioni di euro del "prestito-ponte" garantito dalla Regione per l'avvio della nuova società consortile. È solo un caso che sia la stessa cifra della perdita sul 2022 registrata dall'azienda. Ma nei confronti degli enti pubblici (comuni e non solo) Aica è creditrice di almeno altri 5 milioni. A cui vanno aggiunti ulteriori 10 milioni di crediti vantati nei confronti di altri soggetti. Insomma: ci lamentiamo, eppure non paghiamo. Oggi nemmeno Pirandello riuscirebbe a decifrare gli aspetti sociologici di questa realtà. Una cosa però è certa: tornare indietro dalla costituzione dell'Azienda Idrica Comuni Agrigentini appare impossibile. Come dire che "cosa fatta capo ha". Anche perché prima o poi i famosi investimenti per dotare i comuni di nuove reti idriche (quelle attuali fanno acqua da tutte le parti, e stavolta non è una metafora) dovranno iniziare. E se ci mettiamo a perdere altro tempo, come purtroppo una certa impostazione sociale e politica dalle nostre parti è da sempre abituata a fare, rischiamo di perdere l'unica cosa più importante del tempo, ossia l'acqua. E comunque bisognerebbe capire finalmente che acqua pubblica non vuol dire acqua gratis o, peggio ancora, acqua per i furbi e i furbacchioni. La vera strada per diventare capitale della Cultura, al di là del patrimonio archeologico e monumentale inestimabile di cui disponiamo, passa anche da una migliore consapevolezza su ciò che è giusto per tutti, non solo per noi. È questo ciò che ieri mattina, piuttosto impietosamente la prefetta Cocciufa ci ha detto.