Dove l'unità dipartimentale di Oncologia ha perso uno dei tre medici in servizio. Il quale, dopo la pubblicazione delle ore ambulatoriali disponibili da parte della Regione, ha deciso di dimettersi dal reparto per ragioni personali, preferendo assumere un nuovo incarico di specialistica ambulatoriale, nell'ambito della Medicina del territorio. Ambito, questo, nel quale operava già un oncologo. Con il nuovo approdo diventano due. La conseguenza è che in quel reparto ospedaliero adesso è rimasto un solo medico. Anche perché il terzo medico (per ragioni diverse) non è in servizio ormai da tempo. Eppure secondo la pianta organica gli oncologi a Sciacca dovrebbero essere almeno 4. Ma al momento è solo uno. Una situazione che, in mancanza di un intervento urgente da parte della direzione dell'Asp di Agrigento, rischia di paralizzare un'attività fondamentale, sia sul fronte delle visite ambulatoriali (che, evidentemente, si fanno pure in ospedale) sia, soprattutto, in ordine alle somministrazioni delle chemioterapie, mentre l'attività presso la Medicina del territorio è limitata soltanto alle visite.
Non c'è alcuna logica rispetto alla configurazione che assume dunque l'Oncologia del "Giovanni Paolo II", se si considera che un solo medico dovrà garantire un servizio che, a livello ospedaliero, vede l'ospedale di Sciacca completamente isolato. Nel reparto di Oncologia del San Giovanni di Dio di Agrigento sono in servizio 7 medici oncologi, al "Barone Lombardo" di Canicattì ce ne sono altri 3. L'unico oncologo che rimarrà a lavorare all'ospedale di Sciacca (a questo punto è legittimo domandarsi per quanto tempo sarà ancora disponibile a farlo) dovrà gestire visite dei pazienti, prescrizioni, somministrazioni di chemioterapie, supporti e consulenze per l'intero hinterland saccense. In una condizione clinica che purtroppo sta registrando una recrudescenza delle patologie tumorali nella popolazione.
A Sciacca fino a ieri si somministravano circa 15 chemioterapie al giorno, la metà di quelle garantite ad Agrigento (con 7 oncologi) e il doppio di quelle effettuate a Canicattì (con 3 medici disponibili). Peraltro ad Agrigento il reparto recentemente aveva già lanciato un allarme saturazione, e pare che qualche paziente fosse già stato dirottato a Sciacca. Bisogna capire adesso in che modo l'unico medico dell'Oncologia di Sciacca potrà garantire la medesima quantità di servizi garantiti fino a ieri. Si teme che i pazienti, già provati dalla situazione in cui si trovano, vengano dirottati altrove. Una vicenda che sta registrando i primi commenti. Per l'avvocato Ignazio Cucchiara, portavoce del Comitato civico per la Sanità, quanto accade nell'Oncologia del "Giovanni Paolo II" è gravissimo. "Ancora una volta - osserva - ci troviamo di fronte ad un indebolimento del nostro ospedale, perfino in un settore delicato come quello della lotta contro i tumori. È ora di smetterla di attaccare il nostro ospedale, non possiamo più tollerare questa situazione, e siamo pronti a dimostrarlo", conclude Cucchiara.
Si attende ancora che venga fissata la data del nuovo sit-in di protesta dei sindaci del comprensorio. A prescindere dal fatto che le iniziative più o meno simboliche rischiano di lasciare il tempo che trovano, non è più possibile perdere ancora altro tempo. Il depauperamento dell'Oncologia di Sciacca, che con i pochi professionisti disponibili è riuscito ugualmente ad attivare gli ambulatori di Radioterapia, Nutrizionale e Senologia, è solo l'ultima emergenza di una situazione gravissima. Situazione gravissima della quale fanno parte i reparti doppione di Medicina e Chirurgia tra gli ospedali di Sciacca e Ribera. Che, peraltro, dovrebbero essere giuridicamente un'unica struttura sanitaria.
A questo punto non desterebbe alcuna sorpresa, visto che dal 2019 non si muove nulla, che la qualifica di Dea di primo livello possa essere prima o poi revocata. Il comprensorio di Sciacca è in gravissima sofferenza. Anche la stessa Medicina del territorio vede ancora una volta all'opera una politica agrigentocentrica, perché le ore ambulatoriali disponibili vengono garantite al territorio compreso tra Ribera ed Agrigento, mentre a Menfi non sono ancora stati sostituiti i medici ambulatoriali andati in pensione. Situazione, quella di Menfi, dove il Poliambulatorio è in grave sofferenza, e dove continua a non esistere nemmeno un'ambulanza medicalizzata.