per individuare un soggetto privato a cui affidare, per i prossimi 6 anni, il ristrutturato Mercato ittico, ha riaperto il dibattito su una questione irrisolta da almeno trent'anni. Quello di Sciacca è uno dei 22 mercati ittici che si trovano in Sicilia, gran parte dei quali inattivi (e un motivo evidentemente ci sarà). Ma se si è potuto sfruttare un finanziamento di oltre 600 mila euro di fondi europei per rimettere in sesto un immobile che rischiava di degradarsi, questo è stato possibile solo a condizione che poi il mercato possa entrare in funzione. Non è possibile, tanto per intenderci, che possa ripetersi quanto già accaduto con la casa albergo per anziani. Attorno alla gestione dei mercati ittici le norme di riferimento sono piuttosto datate, dalla fine degli anni Trenta al 1959.
L'amministrazione comunale di Sciacca nel suo avviso pubblico (che scade alla fine di questo mese) punta sull'individuazione di un soggetto a cui affidare la struttura. Non prevede altro in merito alla sua futura gestione. Cosa, questa, che suscita diversi dubbi. Tanto più che si parla solo ed esclusivamente di un affidamento dell'immobile, con in cambio un canone di locazione, dove gli stessi criteri preselettivi stabiliscono che possono partecipare al bando società con fatturato medio negli ultimi 3 anni di appena 75 mila euro. C'è chi pensa che sia un importo troppo basso, che non fornisca le necessarie garanzie in termini di know-how. Attorno alla questione, anche se da bando il bene sarà vincolato alla specifica destinazione d'uso di mercato ittico, torna in discussione la differenza tra mercato al consumo e mercato alla produzione.
Un mercato al consumo si tradurrebbe in una gestione essenzialmente privatistica, che in definitiva ridurrà il concessionario ad un ruolo (tutt'altro che irrilevante) di intermediazione commerciale. Al comune sarà sufficiente solo incamerare un canone d'affitto mensile di 1.000 euro più Iva (anche se c'è pur sempre da considerare che l'immobile è ubicato su un terreno di proprietà demaniale, quindi non del comune). Una eventuale scelta politica che, tra gli operatori economici interessati, ovverosia tra gli armatori dei pescherecci, sarebbe guardata con qualche dubbio. Ritengono, infatti, proprietari dei pescherecci ma anche i pescatori, che una ipotesi di questo tipo possa deprimere le loro possibilità di guadagno, con una concentrazione del volume d'affari nelle mani di un unico soggetto, che potrebbe lavorare su prezzi ben poco remunerativi nei confronti di chi farà transitare il pesce dal nuovo mercato ittico.
Nei mesi scorsi il presidente della cooperativa Fra' Pescatori Vincenzo Marinello non aveva nascosto le proprie preoccupazioni in ordine a questo possibile scenario, sottolineando invece la necessità che il comune puntasse su un bando che fosse volto all'individuazione di uno o più gestori del mercato con un sistema "alla produzione", rendendo la struttura luogo d'incontro diretto tra domanda dei consumatori e offerta dei produttori. Senza intermediazioni. Il tutto alla luce del sole e con le garanzie offerte da questo tipo di mercato alla produzione: dalla supervisione prefettizia al controllo della polizia municipale, per non parlare del controllo veterinario sul pescato in transito. Se l'orientamento dell'amministrazione fosse questo la cooperativa Fra' Pescatori parteciperebbe al bando. Ma il bando, come detto, prevede solo l'affidamento dell'immobile, non prevede altro. A questo punto nulla potrebbe impedire che quel mercato ittico possa trasformarsi in un centro di stoccaggio. E questo lascia aperte diverse soluzioni e pone dubbi allo storico sodalizio.
Eppure l'amministrazione sembra avere fretta di risolvere il problema, proprio per scongiurare il pericolo che la Regione rivoglia indietro i soldi dell'investimento effettuato. Il comune punta a chiudere la questione sul piano burocratico. Rimane da risolvere il problema pratico. Al momento non c'è una decisione. I pescatori sono piuttosto preoccupati, perché sostengono che un eventuale orientamento verso un mercato al consumo non garantisca i necessari criteri di trasparenza, oltre che quelli di convenienza economica. La questione probabilmente meriterebbe quanto meno un approfondimento in sede di consiglio comunale.