intercettato come si ricorderà mentre tesseva apertamente le lodi di Matteo Messina Denaro. Giambalvo, chiamato in causa anche dal collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa come persona vicina al superboss latitante, finì in galera. Fu coinvolto anche nell'ambito dell'operazione Eden 2, dando il via sostanzialmente a quel procedimento che sarebbe poi culminato con il contestatissimo scioglimento per mafia del comune di Castelvetrano, quello che ha impedito che nel 2017 si tenessero le elezioni amministrative. A poco servirono le dimissioni in massa di diciannove consiglieri, giunte peraltro dopo che Giambalvo era stato assolto e reintegrato. Dichiarazioni, quelle nelle quali Cimarosa accusava il consigliere comunale castelvetranese, considerate inutilizzabili dalla corte d'appello. Nel frattempo il pentito è deceduto a causa di un male incurabile. Ebbene: per il collegio giudicante, proprio per il fatto che il collaboratore di giustizia era gravemente malato, la procura generale avrebbe dovuto attivarsi per chiedere un incidente probatorio, ovvero un contraddittorio con le persone accusate, prima del suo possibile decesso. Di Messina Denaro Cimarosa era cugino. Accolte, dunque, le tesi difensive degli avvocati di Giambalvo, Roberto Tricoli, Massimiliano Miceli e Enzo Salvo: "Il pm - argomenta ora il collegio di secondo grado - nell'ordinamento italiano è figura di garanzia ed è chiamato perfino a raccogliere prove a favore dell'indagato", così "ogni qualvolta sia ragionevolmente prevedibile che la persona che ha reso dichiarazioni accusatorie a carico di terzi non potrà essere controesaminata dalla parte interessata", il rappresentante della pubblica accusa "deve attivarsi e richiedere l'incidente probatorio ovvero l'acquisizione urgente della prova", perché nel caso di Cimarosa "l'evoluzione della malattia in senso peggiorativo era da ritenersi prevedibile" e la procura generale lo sapeva. Giambalvo nelle intercettazioni, ritenute poi evidentemente non penalmente rilevanti, raccontava di suoi presunti incontri con i Messina Denaro, padre e figlio, avvenute nel corso degli anni, arrivando ad affermare che si sarebbe fatto perfino trent’anni di galera pur di proteggere la primula rossa che stimava. Una vicenda, quella dello scioglimento degli organi amministrativi del comune di Castelvetrano, che ha dato il comune nelle mani di un collegio commissariale, in attesa della convocazione delle prossime elezioni. È attesa per fine marzo la sentenza sul ricorso per stabilire se quello scioglimento fu giusto o meno.