Gli esperti osservano da tempo piccole fratture, sollevamenti del terreno e altre anomalie lungo una linea che da Castelvetrano si estende al mare passando per Campobello di Mazara e Capo Granitola. Per i tecnici dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania e per quelli delle Università di Palermo, Catania e Napoli, ci sarebbe ancora una faglia attiva, quella che distrusse l’antica Selinunte e che nel 1968 provocò il devastante terremoto. Conclusioni alle quali si è giunti nell'ambito di fa parte del progetto “Tettonica della Sicilia sudoccidentale”. Sotto esame è finito un dettagliato rilievo geologico e strutturale che ha rivelato – dicono gli esperti - l’esistenza di zone di taglio, che si sono mosse in tempi recenti, e anomalie nel tasso di sollevamento delle antiche linee di costa. Faglia definita espressione superficiale di una importante compressione che avviene a livelli profondi in quella zona della Sicilia. Sono anche le indagini geochimiche sia sui flussi di anidride carbonica dal suolo sia sulle acque che confermano la condizione in cui si trova questa zona. Una conferma ulteriore dell’attività tettonica persistente è venuta dalle scosse registrate nella zona di Castelvetrano a partire dal 29 settembre dell’anno scorso. Le scosse si sono ripetute dal 15 al 19 ottobre. La più forte, di magnitudo 3, è stata avvertita dalla popolazione. Tutte le informazioni sull’attività tettonica vengono costantemente aggiornate ma, affermano gli scienziati, non possono certo prevenire i terremoti. Rappresentano tuttavia uno strumento utile alla pianificazione urbanistica e danno un contributo alla elaborazione di una nuova mappa di pericolosità sismica in un’area a rischio sin dall’antichità.