al suo debutto da regista, contestualizza soprusi e violenze domestiche subite da una donna. Eppure, nella narrazione, ha preferito non indugiare nel mostrare i particolari della brutalità del marito, perché - dice - questo avrebbe distolto l'attenzione dello spettatore da altri elementi del suo film. La bravissima attrice e adesso anche regista ne ha parlato ieri, intervistata da Giovanni Minoli, in un collegamento con un centinaio di sale in Italia agli studenti che sono stati coinvolti nella visione del lungometraggio. Tra queste sale anche la Multisala Badia Grande, con il patron Sino Caracappa che ha offerto ai ragazzi delle scuole di Sciacca che in questi giorni vengono coinvolti nella visione del film, la possibilità di ascoltare le riflessioni e le ragioni narrative di un film che, di fatto, racconta molto del nostro Paese, a partire dal diritto di voto conquistato dalle donne, in un momento nel quale i femminicidi continuano ad insanguinare la condizione delle donne.
C'è tanta attenzione, anche da parte degli studenti, nei confronti di un film in cui la Cortellesi impersona una popolana che pensa in piccolo ma che però ad un certo punto ha due grandi intuizioni che sviluppano l’autodetetminazione su due livelli diversi eppur complementari: uno di rilevanza “anarchica” e con esiti personali, l’altro democratico e con esiti collettivi. L’efficacia comunicativa nella responsabilità intergenerazionale è stata raggiunta. Si semina oggi per raccogliere domani. Una sfida è ancora attuale.