di attesa della decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa, chiamato a pronunciarsi sull'appello presentato dagli avvocati di Ignazio Messina in ordine al ricorso elettorale contro il risultato del primo turno del 12 giugno del 2022, quello che vide colui che poi sarebbe diventato presidente del Consiglio comunale, sfiorare quel 40% che gli avrebbe permesso di diventare sindaco al primo turno, cancellando così quel ballottaggio che due settimane dopo avrebbe premiato Fabio Termine.
Presso il Cga Messina ha impugnato il precedente pronunciamento del Tar, che aveva dichiarato improcedibile il ricorso originario. Pur avendo ottenuto l'ok alla verifica dei voti, dopo avere denunciato presunti errori di interpretazione della volontà degli elettori da parte dei presidenti di seggio a suo danno, Messina si era visto accordare la riapertura delle schede di 9 sezioni, un terzo di quelle che aveva richiesto. Una verifica fatta in prefettura, il cui esito finale risale agli inizi di questo 2023 che volge al termine. Verifica all'esito della quale la prefettura recuperò 24 schede contenenti voti presumibilmente favorevoli a Messina e appena 2 favorevoli a Termine. La palla tornò al Tar che, a sua volta, evidentemente sulla base della matematica, tenuto conto che il risultato finale del 12 giugno non sarebbe comunque cambiato anche ricalcolando quel 24 a 2, e che Messina non avrebbe comunque centrato il 40%, chiuse quella partita.
Eppure proprio durante quella verifica in prefettura l'avvocato di Messina Stefano Polizzotto aveva denunciato l'individuazione di almeno un'altra decina voti che, dal suo punto di vista, avrebbero dovuto essere assegnati al suo assistito. Schede che tuttavia non furono ammesse dal viceprefetto Barbaro in quanto contenenti fattispecie che gli stessi legali non avevano indicato nel ricorso originario che era stato presentato. Ne scaturì un ulteriore ricorso per motivi aggiunti associato a quello introduttivo. Motivi aggiunti però dichiarati inammissibili. La battaglia legale si è spostata al Cga, a cui Messina si è rivolto nella speranza che, in d'appello, il collegio possa essere indotto quanto meno ad accogliere la richiesta di fare una verifica anche sulle altre 18 sezioni indicate, e non solo sulle 9 accolte. Ricorso, quello di Messina, contro cui sono all'esame dei giudici anche un ricorso incidentale e una memoria difensiva di Fabio Termine, rappresentato dagli avvocati Gigi Rubino e Calogero Marino.
È trascorso quasi un anno e mezzo dal primo turno elettorale del 12 giugno. Malgrado si tenda a sostenere che sui ricorsi elettorali la giustizia amministrativa ha un occhio di riguardo, al fine di renderli il più celeri possibili, nel rispetto dunque della volontà popolare, i fatti stanno rivelando che non è proprio così. E, a quanto pare, è un esercizio di stile completamente superfluo sforzarsi di attribuire a questo ritardo un qualche significato specifico. Qualsiasi supposizione, infatti, sarebbe dunque arbitraria e impossibile da dimostrare. Le soluzioni possibili al momento dovrebbero essere due: la prima: l'accoglimento della richiesta di controllo delle schede votate in tutte e 27 le sezioni richieste nel ricorso originario al Tar da parte di Messina (e in questo caso la querelle si allungherebbe ulteriormente di qualche mese); la seconda: la conferma della sentenza del primo turno del Tar. Parlando di amministrazione della giustizia non possono escludersi evidentemente ulteriori scenari. Fatto sta però che questo ritardo, oltre ad essere piuttosto paradigmatico di quei tempi della giustizia italiana da anni al centro del dibattito pubblico, può anche avere generato delle oggettive conseguenze politiche. Fabio Termine smentisce sin dal primo giorno, nella sua legittima azione di primo cittadino, di sentirsi condizionato da questa vicenda; Ignazio Messina non può ragionevolmente escludere che lo scenario politico, dopo il pronunciamento del Cga, in ogni caso potrà subire delle modifiche sostanziali, a livello di equilibri tra le forze in campo e nel rapporto tra coalizione di governo e gruppi di opposizione.