a uso potabile in un quarantina di Comuni serviti da Siciliacque tra le province di Agrigento, Caltanissetta e Palermo. E’ stato deliberato dall’Osservatorio permanente degli utilizzi idrici della Sicilia, a fronte dei volumi delle dighe Fanaco e Leone scesi sotto il livello di guardia. Da questa mattina riduzione del 10% della portata idrica nei comuni di Agrigento, Burgio, Calamonaci, Caltabellotta, Cattolica Eraclea, Lucca Sicula, Montevago, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Realmonte, Ribera, Santa Margherita Belice, Siculiana e Villafranca Sicula. Del 15% a Campobello di Licata, Canicattì, Casteltermini, Licata, Ravanusa e San Giovanni Gemini e al Consorzio di Bonifica Agrigento 3. Il provvedimento è stato assunto nello scorso mese di dicembre a seguito del pronunciamento dell’Osservatorio permanente degli utilizzi idrici della Sicilia, istituito dal Presidente della Regione Renato Schifani con l’obiettivo di affrontare la crisi idrica in provincia di Agrigento e Caltanissetta. La decisione di ridurre la portata idrica del 10 o del 15 % è stata presa a seguito della modifica del livello di “severità idrica” dell’Isola, che è passato da “basso” a “medio” a causa della scarsità di precipitazioni degli ultimi mesi.
L’Osservatorio ha deciso di adottare misure volte a razionalizzare le risorse idriche e a garantire un più efficiente approvvigionamento per la popolazione. Per quanto riguarda il settore idropotabile, Siciliacque, gestore del sovrambito, dovrà elaborare un piano di riduzione dei prelievi dall’invaso Fanaco, attivare le procedure per l’acquisizione della concessione del pozzo in falda Favara di Burgio, autorizzare l’incremento dell’utilizzo delle risorse dall’invaso Ragoleto, e completare gli studi per l’utilizzo della falda in prossimità del Montescuro Est. La Regione Siciliana ha inoltre imposto all’Assemblea territoriale Idrica di Agrigento e attuare un piano di emergenza che punti a individuare fonti alternative e a ridurre le perdite idriche.
Tutto ciò potrebbe anche comportare un ulteriore incremento delle risorse idriche già normalmente dirottate dai comuni “ricchi di acqua” verso i comuni agrigentini da sempre “assetati”.