gioiello barocco fondato nel quattordicesimo secolo da Eleonora d'Aragona, è stata chiusa ai visitatori. Chiusura avvenuta in concomitanza con l'inizio dei lavori da 800 mila euro, finanziati nel 2020 dalla Regione Siciliana, all'epoca guidata da Nello Musumeci, e volti al restauro degli interni e alla realizzazione di un auditorium. Lavori che, tuttavia, poco dopo furono interrotti nell'ambito di un contenzioso tra l'ente appaltante (la Soprintendenza ai Beni culturali di Agrigento) e la ditta appaltatrice (l'Associazione temporanea di imprese Cogeca – Presedil di Favara). Prima che si fermassero i lavori erano già stati effettuati interventi di restauro degli stucchi dell'area absidale. Intervento interrotto e mai più ripreso. Conseguenza: l'immobile è impietosamente chiuso, ed è l'ennesimo esempio di come dalle nostre parti la cultura della bellezza fatichi a manifestarsi, scontrandosi da un lato con la burocrazia, dall'altro con la mancanza di soluzioni politiche.
Attigua al più ampio complesso monumentale, considerato tra i più pregiati e ricchi di opere d'arte al suo interno, la chiesa di Santa Margherita di Sciacca ha una storia a dir poco straordinaria. Nella sua celebre guida turistica, Salvatore Cantone ne racconta origine e percorsi, a partire dal suo pregiatissimo pavimento di maiolica, che veniva lavato ogni anno con il moscato per mantenerne la lucentezza. Chiusa al culto dal 1907, la chiesa di Santa Margherita fu poi ospizio e, successivamente, beneficiata della donazione di metà del patrimonio del ricco mercante catalano Antonio Pardo. Gli interventi di restauro esterni ed interni che dalla fine del secolo scorso sono stati fatti, avevano come obiettivo finale la realizzazione del Museo regionale interdisciplinare di Sciacca, approvato con legge dell'Ars risalente al 1991 ma che, in una specie di predestinazione maligna, vede questa città ancora ferma al palo. Museo per il quale l'allora soprintendente Michele Benfari aveva ottenuto lo stanziamento da 7 milioni e mezzo di euro, sempre dal governo Musumeci. Fondi però congelati, perché su questa vicenda continua a permanere un caso tuttora aperto e di complicata soluzione. Stiamo parlando della Fondazione Pardo, costituita dall'ex manager della defunta azienda ospedaliera Luigi Marano, considerato che il complesso fu anche ospedale ed è ancora proprietà dell'assessorato regionale alla Salute.
A questo punto è necessario che l'amministrazione comunale prenda in mano la situazione, chiedendo immediatamente alla Soprintendenza ai Beni culturali quale sia lo stato dell'arte di questo contenzioso, come fare per completare i lavori (evidentemente attraverso un nuovo appalto) provando in prospettiva a superare il problema della Fondazione, che sta impedendo il concretizzarsi del Museo regionale. Perché altrimenti, anche la stessa recente inaugurazione delle giare in ceramica in via Roma, iniziativa assolutamente notevole, rischia di diventare la metafora delle difficoltà di questa città ad avere ciò che le spetta. Impedire ai visitatori di entrare in questa chiesa è un vero peccato. E la figura che ci facciamo tutti è decisamente pessima.