Era sfuggito alla cattura lunedì scorso, durante l'operazione “Montagna” perchè si trovava all'estero. I carabinieri avevano fatto irruzione all'interno della sua abitazione per notificargli l'ordinanza di custodia cautelare, ma avevano trovato soltanto i genitori. Dal Belgio, dove si trovava, ha deciso di rientrare in Italia e accompagnato dal suo legale si è presentato alla caserma di Villaseta. Dopo i rilievi segnaletici è stato posto agli arresti domiciliari. Per gli inquirenti Antonino Licata avrebbe gestito il traffico di droga a Favara per conto della locale famiglia mafiosa. Sale a 58 il numero delle persone coinvolte, dunque, nell'operazione antimafia messa a segno dalla DDA di Palermo, mentre emergono altri particolari interessanti dalle numerose intercettazioni dei carabinieri che per oltre due anni hanno seguito e ascoltato i boss agrigentini. Incontri che avvenivano all'aperto, prevalentemente per strada o anche nelle riserve naturali della montagna perchè erano molti attenti e consapevoli del rischio di essere pedinati e intercettati. Qualche eccezione la facevamo, come nel caso di questo summit nel corso del quale specificavano anche cosa significa appartenere all'organizzazione e che di Cosa Nostra si deve parlare, non di mafia. La maggior parte degli incontri verteva comunque sulla questione delle estorsioni e della “messa a posto” da parte delle imprese che lavoravano nell'agrigentino, soprattutto quelle del settore edile e movimento terra. Si lamentavano i boss di diversi imprenditori che non ritenevano di dover prendere contatti preliminari con le famiglie del posto prima di avviare i lavori. Imprenditori “sordi” veniveno definiti ai quali era necessario far capire come era la situazione anche con atti dimostrativi. Pressioni quelle delle famiglie mafiose della montagna che non erano solo finalizzate ad ottenere denaro, ma che miravano anche a imporre alle ditte da chi acquistare il materiale e chi far lavorare. Intanto proseguono gli interrogatori di garanzia. A parte alcune eccezioni, la maggior parte degli arrestati finora sentiti dal Gip del Tribunale di Palermo ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere