Così parlò Nello Musumeci. Per il quale sarebbe a tutti noto come il suo governo regionale si sia adoperato, dopo la sciagurata decisione di Crocetta di chiudere gli impianti, nella ricerca di un imprenditore: due bandi pubblicati, tutti e due andati deserti. Poi Musumeci ricorda come avesse avviato anche a Roma, speranzoso, un confronto sia con l’Inail che con Cassa depositi e prestiti, ma anche questi tentativi sono risultati vani. "Inutile dire - conclude l'ex governatore oggi ministro - che il governo Meloni, per quanto di sua competenza, rimane disponibile a sostenere ogni concreta iniziativa che possa restituire lo storico impianto termale saccense alla sua secolare funzione”.
Dichiarazioni alle quali oggi risponde duramente il portavoce del Comitato civico Patrimonio termale Nino Porrello: "Non c’è limite alla faccia tosta. Le ragioni che adesso Musumeci dice di condividere - aggiunge - sono le stesse identiche ragioni contenute nei documenti, nelle richieste di incontro, negli inviti a venire a Sciacca che il Comitato Civico Patrimonio Termale gli inviò senza ricevere mai una risposta. Nei cinque anni del suo mandato presidenziale - aggiunge Porrello - Nello Musumeci non prese mai in mano la questione termale di Sciacca, delegandola al suo fido assessore Armao, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Solo sul finire del suo mandato l'allora governatore ritenne di far stanziare 1,5 milioni e mezzo di euro a favore di Sciacca e altrettanti a favore di Acireale, destinandoli a quella che Lui definì una "toilettatura" degli immobili ormai sulla via del degrado.
Ad attaccare Musumeci è anche il capogruppo del Pd all'Ars: "Sulle Terme di Sciacca Musumeci continua a dire menzogne". Catanzaro poi ricorda che chiese ed ottenne un incontro a Roma, a cui si presentò con l'allora sindaca Valenti, ai vertici di Inail per conoscere i dettagli dell'interlocuzione con la Regione: "Non c'era niente, e a Roma aspettano ancora i documenti dalla Regione", attacca Catanzaro.
E ieri Michele Catanzaro all'Ars è stato bloccato dai commessi parlamentari dopo avere provato ad esporre, dal podio al quale era stato chiamato a parlare, la pettorina della marcia su Palermo di tre anni fa. I deputati, anche quelli nazionali, non possono accompagnarsi a simboli o manifesti.