sono indubbiamente un'altra tegola, l'ennesima, che si abbatte su una sanità pubblica che, dalle nostre parti, è sempre più in gravi difficoltà. Dirigente medico del Dipartimento di Salute Mentale, in servizio dall'anno 2000 al Centro di Salute Mentale di Sciacca (che si occupa anche di Neuropsichiatria infantile e di Dipendenze patologiche), stando a quanto si apprende il medico avrebbe assunto questa decisione al culmine di un'esasperazione rappresentata da un organico assolutamente insufficiente a fronteggiare le numerosissime necessità giornaliere.
In un ramo, quello della salute mentale, che è di una delicatezza spaventosa ma di cui, tuttavia, in pochi parlano. Pensate che soltanto presso il Centro di Salute Mentale di Sciacca sono aperte circa diecimila cartelle ambulatoriali. L'esposto alla procura della Repubblica presentato nei mesi scorsi dal Comitato civico per la Sanità, conteneva proprio dei riferimenti specifici alle condizioni di emergenza in cui versava e continua a versare il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura nel distretto saccense.
Nel 2000 il Centro di Salute Mentale disponeva di 6 psichiatri. Ventiquattro anni dopo si sono ridotti a due. E con le dimissioni del dottore Scandaglia si dimezza anche questo numero. Cinque i medici che nel 2000 operavano nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura. Anche qui il numero è sceso a due. Medici chiamati a garantire la presenza diurna per 6 giorni alla settimana. In quasi un quarto di secolo la situazione dell'assistenza psichiatrica e psicologica da parte del servizio sanitario pubblico è letteralmente precipitata. Scarseggiano gli infermieri, il cui numero oscilla tra due e tre. Qualche anno fa l'Asp aveva bandito un concorso per l'assunzione di undici psichiatri. Al bando però si presentarono appena sette concorrenti. E, in ogni caso, a seguito dell'avvenuto espletamento del concorso, nessuno di loro è stato destinato ai servizi del distretto di Sciacca. E nello stesso reparto ospedaliero di psichiatria ci sono due medici: uno, quello in pianta stabile nell'organico, sta andando in pensione; l'altro è un medico richiamato dopo essere andato in pensione e reinserito attraveso una società fornitrice di servizi che ha stipulato un accordo con l'Asp.
Lo stesso esposto del Comitato civico dei mesi scorsi indicava le difficoltà insormontabili nell'esercizio delle funzioni e dei livelli di responsabilità altissimi degli operatori impegnati nella Salute mentale. Evidentemente lo psichiatra che ha deciso di lasciare il servizio pubblico non ce l'ha fatta più a gestire un carico di lavoro eccessivo e senza possibilità di soddisfare, oltre alle necessità dei pazienti, anche le richieste provenienti da comuni, comunità, servizi sociali, tribunali, forze dell'ordine ed istituti di pena.
Questa vicenda è piuttosto simbolica di uno stato di abbandono in cui versa la nostra sanità, quasi una metafora a carico di chi si rende conto che la sua buona volontà da sola non basta più. È in questo quadro che si inserisce la nota dell'associazione "Crescere Insieme", che con le sue rappresentanti Rita Montalbano e Marta Russo sottolineano come la vita dei familiari di persone con disabilità in generale e affette di autismo in particolare, non solo non è semplice ma per molti versi drammatica, specialmente se si abita in provincia di Agrigento. Evidenziano, le rappresentanti di "Crescere insieme", come chi nel nostro territorio soffre di malattia mentale vive una tragedia nella tragedia, considrato che nel settore Adulti Malati mentali opera un solo neuropsichiatra che deve occuparsi contemporaneamente di decine di situazioni tutte meritevoli naturalmente della stessa attenzione, comprese le ansie dei familiari dei pazienti. "Al compimento della maggiore età i nostri figli diventano invisibili, e la sanità non ci garantisce" concludono Montalbano e Russo.