E' così che Sicindustria, Associazione dei costruttori edili e associazione antiracket di Agrigento hanno commentao l'ultima operazione antimafia messa a segno a Menfi e Sciacca. Grande apprezzamento, dunque, al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, ma anche un invito ai propri associati a fidarsi e collaborare con lo stato. Insomma dalle tre associazioni arriva un forte segnale agli imprenditori e operatori economici del territorio affinchè denuncino estorsioni e intimidazioni subite per rafforzare l'azione delle forze dell'ordine. Dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali emerge ancora una volta il sistema di controllo e condizionamento nei confronti delle imprese che operano nel territorio. Le stesse dichiarazioni di Vito Bucceri, divenuto collaboratore di giustizia dopo l'arresto nel 2016, hanno confermato il modus operandi del gruppo criminale. Le imprese che si aggiudicavano appalti nel territorio ricevevano un primo segnale con il sistema della bottiglia contenente liquido infiammabile e dopo qualche giorno avvicinate per convincerle a “mettersi a posto”. Se l'imprenditore faceva orecchie da mercate si passava all'incendio di un mezzo all'interno del cantiere e se il rifiuto persisteva anche ad altri e ancor più consistenti danni per ottenere il 2% dell'importo complessivo dei lavori. La riorganizzazione del gruppo, nonostante le batoste subite con le precedenti operazioni antimafia messe a segno nel territorio, era scaturita dall'esigenza di fare affari, come ha confermato il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Agrigento Giovanni Pellegrino. Intanto questa mattina all'interno del carcere Pagliarelli di Palermo sono iniziati gli interrogatori nei confronti delle sette persone raggiunte dalle ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso, aggravata dall'uso delle armi, i menfitani Vito Riggio, Tommaso Gulotta, Pellegrino Scirica, Cosimo e Giuseppe Alesi e Matteo Mistretta e il saccense Domenico Friscia.