è in crisi oggi sono perfino tre suoi assessori comunali: stiamo parlando di Gioacchino Alfano, Costantino Ciulla e Gerlando Piparo. Sono tutti esponenti di Fratelli d'Italia. I quali hanno sottoscritto una nota insieme al loro capogruppo consiliare Simone Gramaglia e al segretario cittadino del partito di Giorgia Meloni Adriano Barba.
La bocciatura del piano triennale delle opere pubbliche durante i lavori consiliari di ieri per i firmatari del documento è stata una sorta di goccia che ha fatto traboccare un vaso da tempo ricolmo, generando quella che oggi i meloniani non esitano a definire "una maggioranza in frantumi. Ma adesso basta - avvertono - questa situazione non può più essere ignorata né dall'amministrazione, né dal sindaco, che devono affrontare con urgenza la crisi politica ormai evidente".
Parlano, Alfano, Ciulla, Piparo, Barba e Gramaglia, di "momento di grande difficoltà che arriva alla vigilia della importante sfida di Agrigento capitale italiana della Cultura". Quelli di Fratelli d'Italia puntano il dito essenzialmente sugli altri partiti della coalizione, soprattutto quel raggruppamento autonomista (il partito dello stesso sindaco, il cui referente come è noto è l'assessore regionale Roberto Di Mauro) accusati di bocciare provvedimenti cruciali sulla base di un atteggiamento definito "ostruzionistico, legato ad un vecchio modo di fare politica".
Micciché viene invitato così a prendere le necessarie decisioni a fronte di una situazione diventata insostenibile, fatta di giochi politici intollerabili. Minacciano, quelli di Fratelli d'Italia, di chiamarsi fuori, preferendo tornare alle urne. Ad Agrigento dunque i rapporti politici dentro il centrodestra sono ormai una polveriera, dove tutti sono contro tutti e volano stracci. È la politica, si dirà. Sembra non piacere agli amici di Di Mauro che Micciché abbia rapporti così intensi proprio con i Fratelli d'Italia.
La questione non è certamente improntata su aspetti legati alla gelosia. Ma il sindaco sembra imbrigliato tra le fauci dei giochi politici. Le conseguenze sul Bilancio di previsione (senza Piano triennale non può essere approvato) rischiano di essere pagate care. E Fratelli d'Italia sembra riferirsi proprio a questo quando ipotizza il ritorno alle urne. Perché senza bilancio il consiglio può essere sciolto.
Ma a pagare il prezzo di questa crisi nel centrodestra agrigentino potrebbe essere l'intera provincia. Perché alla vigilia della capitale della Cultura, in un territorio già falcidiato da una crisi idrica, di tutto ci sarebbe bisogno fuorché di una crisi politica. Ma d'altronde sono state anche le stesse difficoltà attorno alle questioni legate alla Fondazione Capitale della Cultura e alle altre impellenze (che comprendono incarichi e i tradizionali 'cerchi magici' della politica) che hanno generato la situazione culminata ieri sera con la bocciatura del piano triennale.
Ma se fallisce Agrigento fallisce anche l'intero territorio. Perché il ministero della Cultura ha premiato un progetto che si estendeva su tutta la provincia, da Sciacca a Licata, compresa Lampedusa. Rischiare che si butti tutto a mare, anche se è tipico del nostro modo di essere, stavolta rischia di avere conseguenze a dir poco sanguinose per un tessuto sociale che chiede solo di crescere.