sulla mancata concretizzazione ad oggi di almeno il 60% tra posti letto di terapia intensiva e nuovi pronto soccorsi previsti e finanziati nel 2021 per far fronte alla pandemia, il governo della Regione in questo momento si sta preoccupando di conoscere le indicazioni dei partiti che compongono la maggioranza politica per trovare un’intesa sulla nomina di direttori amministrativi e sanitari delle Asp siciliane. L’assessora regionale Giovanna Volo e il dirigente generale Salvatore Iacolino hanno diramato una circolare in cui assegnano ai direttori generali la deadline del 2 settembre per provvedere in tale direzione. Una scadenza che a parole sembra avere il crisma dell’inflessibilità. In soldoni: in assenza di accordo Schifani darà ampia facoltà ai manager di conferire gli incarichi in questione a chi vorranno loro. Non è la prima volta che il presidente prova a mostrare i muscoli, salvo poi tornare sui propri passi, come d’altra parte dimostrano i continui slittamenti nelle stesse nomine dei manager.
La questione Sanità, senza volere indugiare nel moralismo degli ingenui, si concentra evidentemente sulle poltrone e sugli equilibri politici. Che, poi, credere davvero che i manager avrebbero eventualmente la facoltà di decidere, quello sì è da ingenui.
Ufficialmente gli incarichi da assegnare sono una quarantina, in concreto sono una decina di meno. E gli elenchi di aspiranti sono ben nutriti: 57 per il ruolo di direttore amministrativo, 65 per quello di direttore sanitario. L’incarico, lautamente pagato, durerà un anno. Qualcuno nel centrodestra avrebbe voluto garantire una specie di riserva indiana anche all’opposizione. Un progetto, manco a dirlo, nato morto. Le poltrone sono poltrone, e da che mondo è mondo vanno a chi detiene il potere, non è certo un argomento su cui si può scherzare questo. E dire che la scelta dei principali collaboratori i manager avrebbero dovuto farla entro 15 giorni dal loro insediamento.
Di soldi per completare il piano di realizzazione di terapie intensive e ammodernamento dei pronto soccorso (a proposito, quello di Sciacca continua ad essere un cantiere) ne servono ancora. Il piano rimasto al palo, e su cui la magistratura contabile ha acceso i riflettori, è quello firmato da Nello Musumeci e che doveva essere concretizzato dall’allora commissario Covid Tuccio D’Urso, colui che Schifani licenziò poco dopo essersi insediato nel vortice dei ritardi nell’attuazione degli appalti e sul costo dei lavori.
La sanità siciliana dunque al momento è sotto i riflettori per questioni di poltrone e di gestione del potere. I problemi dei siciliani che, solo per fare un paio di esempi, dalle nostre parti, al "Giovanni Paolo II" non hanno un'Ortopedia, con una realtà bizzarra fatta di reparti senza primario e primari senza reparto. Un ospedale di Sciacca in grave sofferenza, dove perfino il mantenimento dell'Oculistica, malgrado sia una unità operativa complessa, sembra essere a rischio. Per non parlare di un'area di emergenza che è un girone infernale: tutti queti sembrano considerati problemi di secondo piano. La popolazione di questo territorio, meta turistica, in questi giorni è raddoppiata. Ma l’accesso in ospedale, in caso di necessità, è un problema piuttosto serio.
Medici non ce ne sono, è questo il mantra che tutti conosciamo. Ma quelli che ci sono se ne vanno a lavorare nelle cliniche private. Che, prendendo un bel po’ di soldini pubblici, tanto private poi non sono. Difficile continuare a pensare che il problema si possa gestire solo imponendo la mobilità da un ospedale all’altro (per quanto ci riguarda soprattutto in una direzione, raramente in quella opposta). Ma la priorità adesso è la scelta dei direttori amministrativi e di quelli sanitari. Un film già visto. Il prossimo passo sarà quella nuova rete ospedaliera. Con una prospettiva che non può che preoccupare il versante occidentale della provincia di Agrigento. Perché se nella rete ospedaliera tuttora in vigore l'ospedale di Sciacca avrebbe dovuto essere Dea di primo livello, ma di fatto non lo è mai stato, siamo autorizzati a temere che venga certificata anche sulla carta la sua sostanziale natura, quella di un ospedale di base e nemmeno tanto bene organizzato, lontanissimo (e non certo solo geograficamente) da Agrigento e dai livelli essenziali di assistenza. E in mezzo a questo bailamme, la politica si preoccupa di coprire le caselle del potere ancora vuote. Attribuendo a questo fatto il crisma dell'urgenza, anche se trattandosi di sanità, urgenza dovrebbe avere ben altro significato.