di vedersi assegnati gli incarichi dirigenziali previsti dal contratto di lavoro, di avere pagati i gettoni di guardia festiva, di vedere applicate le basilari regole e norme contrattuali e invece vengono sottoposti a trasferimenti illegittimi, sballottati da un angolo all’altro della provincia in barba al rispetto delle norme vigenti”. Lo denuncia il segretario regionale di Cimo (Confederazione Italiana Medici Ospedalieri) Giuseppe Bonsignore.
Il sindacato, che chiede l'intervento dell'assessore regionale alla Salute, ricorda il caso del direttore del pronto soccorso di Agrigento "stanco di lottare contro i mulini a vento", che decise di andarsene. Così come si sono dimessi nel 2023 anche tre ortopedici e tre cardiologi. Nel corso del 2024 sono letteralmente fuggiti - denuncia Bonsignore - medici psichiatri, ultimo in ordine di tempo il direttore della Uoc modulo dipartimentale di salute mentale che ha deciso di gettare la spugna e lo ha fatto con una lettera inviata al direttore generale, Giuseppe Capodieci.
“Le richieste sindacali si susseguono - aggiunge Bonsignore -, ma le risposte continuano a non arrivare o, nel migliore dei casi, sono un compendio di arzigogoli che hanno il solo ed esclusivo scopo di negare l’evidenza ed eludere legittime istanze. A questo punto per i medici è meglio dimettersi che lavorare senza regole. Nel contesto di una sanità pubblica in crisi di personale sull’intero territorio nazionale, e dove si cerca di reclutare medici e infermieri in ogni modo, ad Agrigento si va in controtendenza e, pur di continuare a gestire in maniera padronale la sanità locale, si preferisce perdere pezzi piuttosto che adeguarsi alle regole fondanti della pubblica amministrazione che dovrebbe essere improntata ai principi di buona fede e correttezza. La realtà della sanità agrigentina è infatti troppo permeata dai condizionamenti della politica locale e, a prescindere da chi viene messo a dirigere l’orchestra, la musica non cambia e se qualcuno prova a ribellarsi al sistema viene messo al suo posto a colpi di provvedimenti disciplinari illegittimi, oppure da un mobbing strisciante che rende la vita impossibile e la professione vissuta in maniera degradante tanto che a molti non resta altro da fare che dimettersi”.