forma il nuovo disegno di legge promosso dalla Regione Siciliana che punta, per l'ennesima volta, a ripristinare le Province con elezione diretta da parte dei cittadini. L'obiettivo, com'è noto, è quello di bloccare le elezioni di secondo livello, già indette dalla stessa Regione per il prossimo 15 dicembre.
Un mezzo pasticcio che non poteva non creare malesseri e polemiche non soltanto tra maggioranza e opposizione, ma pure all'interno degli stessi gruppi di maggioranza.
A quanto pare, il neo ddl prevederebbe un consiglio provinciale composto da 25 consiglieri per i Liberi consorzi con una popolazione fino a 400.000 abitanti, 30 per quelli con una popolazione maggiore, 35 consiglieri fino a un milione di abitanti e 40 oltre il milione. Si andrebbe al voto con lo stesso sistema elettorale usato fino a undici anni fa, ma con l'aggiunta delle cosiddette quote rose sia nella composizione delle liste sia nei posti da assegnare in giunta. Presidenti e consigli resterebbero in carica cinque anni.
Se verrà approvata, la legge regionale permetterà di andare al voto già in primavera 2025, ma bisognerà capire se e quando ci sarà una modifica normativa anche della legge nazionale Delrio per cui il Parlamento romano continua a non prendere decisioni.
A spingere per l'elezione diretta è, soprattutto, la Democrazia Cristiana con il leader Totò Cuffaro che ha già dichiarato che la “Sicilia, in tal senso, ha potestà legislativa esclusiva”. Più fredda Forza Italia. Per l'ex assessore regionale e attuale deputato europeo Marco Falcone, sostanzialmente, si dovrebbe procedere per come previsto, con le elezioni di secondo livello, e teme che, su questo ddl, la maggioranza possa andare incontro ad una figuraccia.
Stessa direzione per il Movimento Cinque Stelle. Per il Partito Democratico “il centrodestra preferisce votare una legge palesemente incostituzionale per dar vita ad un nuovo contenzioso e rinviare ancora una volta le elezioni. E' un bluff”.