l'Assemblea Regionale Siciliana approverà il ripristino delle Province con elezione diretta, ossia quella di primo grado, con i cittadini che saranno chiamati alle urne nel periodo compreso tra aprile e giugno 2025.
Il disegno di legge ha ottenuto il via libera della Commissione regionale Affari Istituzionali, presieduta da Ignazio Abbate ed arriverà in aula, a Palazzo dei Normanni, subito dopo l'approvazione della Finanziaria, presumibilmente a gennaio, subito dopo le festività. Il ddl è stato ridotto all'osso, solo 7 articoli per cercare di mettere d'accordo tutti ed evitare sorprese.
Presidente e Consiglieri provinciali saranno eletti dai cittadini; in Giunta e in Consiglio sarà prevista sempre l'applicazione della quota rosa; il ruolo di assessore sarà incompatibile con quello di consigliere; non potranno essere eletti i sindaci dei Comuni superiori ai 5 mila abitanti e, infine, deputati regionali e nazionali potranno candidarsi alle provinciali ma, in caso di elezione, dovranno optare per uno o per l'altro scranno. Queste le principali regole stabilite. Presidente e Consiglio, ovviamente, una volta eletto, resterà in carica per cinque anni.
I consiglieri provinciali saranno 24 nei territori con meno di 400 mila abitanti, 29 con popolazione pari o superiore a 400 mila abitanti; 34 nelle Città metropolitane fino a 1 milione di abitanti e 39 pari o superiore a 1 milione di abitanti. Gli oneri per l’organizzazione delle elezioni, pari ad oltre 5 milioni di euro, saranno a carico del bilancio della Regione.
In caso di approvazione della riforma, comunque, restano da chiarire i profili di incostituzionalità posto che la legge nazionale Delrio che prevedeva l'abolizione delle province e delle elezioni dirette non è stata finora mai abrogata dal Parlamento romano tant'è vero che, qualche giorno fa, la Corte Costituzionale ha bollato come “illegittimo” il continuo rinvio delle elezioni di secondo livello che, in teoria, avrebbero dovuto tenersi il prossimo 15 dicembre.
Negli ultimi anni, in totale, sono state rinviate almeno una ventina di volte dai vari governi che si sono succeduti. Insomma l'attuale quadro normativo nazionale potrebbe rendere vano qualsivoglia di ritorno al passato tant'è che in molte province d'Italia si è già da tempo proceduto con le elezioni di secondo grado, ossia quelle dove votano unicamente sindaci e consiglieri comunali.