Il professionista, ideatore del dossier che ha portato alla conquista del titolo della Città dei Templi, lascia il coordinamento di tutte le manifestazioni a tre mesi dalla cerimonia di apertura dell’evento e a sei mesi dal suo insediamento. Albergoni si è detto “consapevole di aver garantito le condizioni per l’attuazione del programma e lo straordinario lavoro degli artisti coinvolti”. Una decisione che lo stesso avrebbe già maturato alla fine del 2024 ma rinviata per garantire la presentazione alla stampa del programma e per la cerimonia di apertura alla presenza del presidente della Repubblica. Com'è noto, quello di Albergoni non è il primo passo indietro che la macchina di “Agrigento 2025” deve affrontare. A pochi giorni dalla visita del Capo di Stato Sergio Mattarella, infatti, si era dimesso anche il presidente della Fondazione Giacomo Minio dopo una serie di polemiche sulla gestione dell'evento, sostituito dall’ex prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta. Dopo una breve tregua, nuove polemiche si abbattono dunque sulla Capitale italiana della cultura, come se non bastassero i ritardi, cambi di passo invocati dal governatore Schifani, strafalcioni e alcuni eventi saltati. Adesso le dimissioni di Roberto Albergoni che ha deciso di farsi da parte a poche ore dall’approvazione del bilancio della Fondazione, con la nuova presidente della Fondazione, il prefetto Maria Teresa Cucinotta, che aveva anche espresso la volontà di servirsi di un consulente esterno. La capitale della cultura sempre più allo sbando, commenta oggi il circolo del Pd di Agrigento, l'assenza di Albergoni, ossia del tecnico di maggiore esperienza nella realizzazione di eventi culturali, il più preparato nella compagine amministrativa dell’ente che meglio di chiunque altro poteva garantire lo svolgimento puntuale del programma, peserà moltissimo. Poi, l'attacco del Pd alla classe di governo della città, accusata di avere ridotto quello che si presentava come un pregiatissimo evento culturale ad una sorta di festa strapaesana, una sagra del mandorlo in fiore lunga un anno. Purtroppo, la realizzazione degli eventi previsti, a distanza di tre mesi, è ancora in alto mare, tra confusione amministrativa, dimissioni, strafalcioni e rinvii, e la città sta offrendo uno spettacolo indecoroso agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale. Per il Pd, le dimissioni di Albergoni sono molto probabilmente il tentativo in extremis di salvare la propria rispettabilità, di fronte ad una esperienza oramai compromessa nell’immagine e negli esiti operativi. Sulle dimissioni di Albergoni interviene anche Italia Viva di Agrigento. Svaniscono gli ultimi sussulti di speranza per recuperare un evento che era partito male e sta proseguendo peggio, commenta Italia Viva. Prima l’incredibile, e mai motivata, esclusione dell’onorevole Nenè Mangiacavallo, anima del progetto, anche su un piano formale, ricorda Italia Viva, poi l’uscita imposta al dottore Giacomo Minio nelle cui mani era stata affidata la Fondazione. Ma con le dimissioni di Roberto Albergoni, per Italia Viva si è proprio toccato il fondo. Il Presidente Schifani, che ha di fatto commissariato la Fondazione, avocando a sé ogni decisione importante, aveva anche dichiarato che questo evento, fondamentale per il rilancio del territorio, doveva essere salvato ad ogni costo, posto che un fallimento si sarebbe tradotto in un fallimento per l’intera Sicilia. Oggi il sindaco di Agrigento e il Presidente Schifani sono egualmente responsabili di non essere riusciti a prendere in mano la situazione, e neppure di colmare gli enormi e colpevoli ritardi. Di capitale della cultura resta la beffa di una città mortificata e gravemente danneggiata nella sua immagine, conclude Italia Viva.