Potendo tornare indietro non rifarei quello che ho fatto, ossia denunciare la mafia”. Sono le sconvolgenti parole con le quali Ignazio Cutrò commenta al nostro telegiornale la decisione del Ministero degli Interni di smontare l'impianto di videosorveglianza della sua abitazione e togliere l'auto blindata.
A raccogliere il grido di allarme di Cutrò è stata oggi la Cgil di Agrigento che ha chiesto al Ministro di rivedere queste decisioni e assicurare a lui e alla sua famiglia la tranquillità persa. Ignazio Cutrò, scrive Massimo Raso, è il simbolo di una Sicilia che rialza la testa, un imprenditore che ha deciso di non sottostare al ricatto mafioso ed è diventato un testimone di giustizia.
Quanto sta succedendo ad Ignazio Cutrò, commenta Giuseppe Carini testimone di giustizia e collaboratore di padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia, rischia di compromettere il percorso di riscatto di questa terra. C'è da chiedersi, dice: "Chi mai metterà a rischio la vita della propria famiglia denunciando i mafiosi, se lo Stato si stanca di assicurare loro la necessaria protezione?".