E' la situazione in cui versano i Consorzi Universitari Siciliani, poli a suo tempo istituiti per decentrare i corsi degli atenei di Palermo, Catania e Messina. Una sorta di costola dei tre atenei, per offrire la possibilità di laurearsi anche a quegli studenti che non potevano permettersi di spostarsi per studiare e frequentare i corsi delle tre Università siciliane. Questo lo spirito con cui sono nate queste mini università, sette in totale: i Consorzi di Agrigento, Trapani e Caltanissetta, tutti poli decentrati dell'università di Palermo, quelli di Ragusa e Siracusa, appartenenti all'università di Catania, e quelli di Priolo e Noto, leve operative dell'università di Messina. Di questi sette, i consorzi principali sono quelli di Agrigento e Trapani che da soli costano quattro milioni e mezzo di euro l'anno. Consorzi che devono alle università di riferimento i costi delle docenze che le rispettive sedi centrali mettono a disposizione di quelle decentrate. Nello scorso mese di febbraio, era stata accolta favorevolmente la decisione del Tar di Palermo che aveva respinto una ingiunzione di pagamento di oltre 9 milioni di euro avanzata dall'università di Palermo nei confronti del Consorzio di Agrigento per il pagamento dei docenti incardinati al polo fino al 2010. Ma la situazione resta ugualmente drammatica, ad Agrigento così come in tutte le altre mini università. L'assessorato regionale all'economia, nei mesi scorsi, ha scoperto che la crisi di queste strutture è molto più profonda e non è solo economica: il Consorzio di Agrigento, per esempio, è sceso da duemila a circa mille iscritti. E nella impossibilità di rinnovare o istituire corsi universitari in grado di portare sul territorio specificità capaci di attirare studenti, sarà difficile, per non dire impossibile, invertire il trend e tali Consorzi resteranno, inevitabilmente, poco competitivi. L'assessore regionale all'economia, Alessandro Baccei, alla vigilia della presentazione della finanziaria, ha sottoscritto un accordo con i rettori. Prevede che le Università centrali sopportino i costi delle docenze, sgravando così i Consorzi e la stessa Regione che, in cambio, darebbe un contributo standard per rimborsare le spese vive, risparmiando così circa due milioni e mezzo di euro.