Esibiva i rari reperti archeologici di cui era riuscito ad entrare in possesso ad amici e parenti, in quella che oggi gli investigatori definiscono “costante noncuranza degli obblighi di legge che prevedono come la loro fruizione debba, necessariamente, essere pubblica”. L'uomo è stato denunciato dalla Guardia di Finanza di Sciacca agli ordini del capitano Luigi Carluccio. Le accuse sono quelle di illecito impossessamento di beni appartenenti allo Stato e ricettazione. Il professionista in questione è stato sorpreso in possesso di reperti già giudicati dagli stessi funzionari della Soprintendenza ai beni culturali di Agrigento come di assoluto valore ed interesse storico. Si tratta, in particolare, di due anfore del primo e del terzo secolo dopo Cristo, di un vaso corinzio del quinto secolo avanti Cristo, di una coppa dell'età del Bronzo (compresa tra il 3500 e il 1200 avanti Cristo), di una coppa per ostie consacrate e di una pateretta del quarto secolo avanti Cristo, nonché di due alabastron del quinto secolo avanti Cristo, oltre a svariate formelle decorative settecentesche in ceramica. Maioliche che, l'ulteriore attività investigativa effettuata col coordinamento del Procuratore della repubblica di Roberta Buzzolani, ha consentito di dimostrare come corrispondessero a quelle a suo tempo rubate dalla tomba monumentale della famiglia Virgadamo, sita presso il cimitero di Burgio. La Guardia di Finanza precisa che la propria attività di servizio si è posta a presidio dell'arte e della bravura dell'artigianato locale di Burgio, le cui ceramiche sono celebri in tutta Italia. L'operazione culminata con il sequestro dei reperti archeologici si è inserita nell'ambito di una mirata attività info-investigativa volta alla tutela del patrimonio artistico e culturale.