E' questa la sintesi della deposizione, lunga sei ore, del geogolo, consulente della Procura della Repubblica di Agrigento, Carlo Cassaniti, al processo per la strage delle Maccalube del 27 settembre del 2014. Strage che causò la morte dei due fratellini Mulone, Carmelo e Laura, di 9 e 7 anni, che quel giorno erano andati alla riserva con il loro papà. “Se ci fossero stati i percorsi di sicurezza quella tragedia non ci sarebbe stata e in ogni caso la riserva in quelle condizioni, doveva essere chiusa” ha affermato Carlo Cassaniti, esperto di vulcanologia, che ha ricevuto l'incarico dalla Procura di Agrigento per individuare le cause dell'esplosione e le condizioni strutturali dell'ente “Riserva delle Maccalube”. Al processo per quella strage sono finiti l'architetto Domenico Fontana, ex presidente regionale di Legambiente, ente che gestiva il sito; Daniele Gucciardo, architetto ed esponente di Legambiente, dipendente della riserva e Francesco Gandusa, dirigente dell'assessorato regionale al Territorio, esperto di siti nautralistici.
Durante le sei ore di deposizione alle domande del pubblico ministero Carlo Cinque, Cassaniti ha illustrato la situazione relativa ai tre decenni precedenti, rilevando che eventi di questo tipo si erano verificati già dieci volte. “Numero questo, ha affermato, molto elevato che bastava da solo a far capire che il rischio fosse elevato di nuovi episodi”.
“Non si poteva prevedere quando e come sarebbe successo, ma si poteva immaginare potesse capitare, per tanto il sito andava attrezzato con sistemi di monitoraggio”, ha affermato Cassaniti, che ha risposto anche alle domande dei difensori degli imputati.
Difensori che nei prossimi giorni replicheranno con i loro consulenti, sei in tutto, che cercheranno di dimostrare come quell'episodio, che ha causato la morte dei fratellini Mulone, fosse del tutto imprevedibile.