ha disposto l'affido condiviso del cane di famiglia, a settimane alterne, ad entrambi gli ex coniugi. Il provvedimento, firmato dal presidente Antonio Tricoli, stabilisce che i padroni divideranno le spese per croccantini ed eventuali ricorsi al veterinario.
"Una materia su cui al momento c'è un vuoto normativo", dice l'avvocato Giovanni Bruno, legale di uno dei due coniugi che aveva avanzato la richiesta al giudice. Sia l'ex marito, sia l'ex moglie pretendevano di continuare ad avere il cane anche dopo il divorzio. A fronte della contesa, il giudice ha deciso di accontentarli tutti e due, ritenendo "doveroso di tutela il sentimento nei confronti degli animali".
La giurisprudenza rivela che l'affido condiviso aveva sì qualche precedente in Italia, ma solo nei casi di separazioni consensuali.
Una decisione, quella del giudice, che lascia perplessa Anna Maria Friscia, animalista, presidente dell'Associazione Nazionale Tutela Animali di Sciacca: "Ovviamente non conosco il contesto nel quale il cane è cresciuto, ma in ogni caso non stiamo parlando di un essere umano. Il cane identifica un padrone e a lui, o lei, si abitua. Questo accade anche negli ambiti familiari, dove l'animale riconosce sempre un capo. Costringerlo a rimbalzare da una casa all'altra una settimana sì e una no forse servirà ai due coniugi e alla loro necessità di affetto, ma sicuramente lo disorienterà, danneggiandolo. Ho la sensazione - conclude Friscia - che in questa contesa non ci siano ragioni di affetto per il cane ma solo la voglia di ciascuno dei due coniugi di toglierlo all'altro".
Se il cane è stato conteso, la stessa cosa non può dirsi per il gatto, affidato esclusivamente all'ex marito.