non può certamente definirsi un fulmine a ciel sereno. Tanto più che, come d'altronde dichiara nel suo provvedimento datato 8 aprile lo stesso rappresentante del governo in provincia, sia sul piano formale, sia su quello sostanziale, la Hydortecne sarebbe stata un'azienda pilotata, essendo controllata e facendo capo alla stessa compagine societaria già oggetto di interdittiva, quella risalente allo scorso novembre e culminata con la risoluzione del contratto tra ATI e Girgenti Acque.
Fatte salve le decisioni tuttora pendenti della magistratura – sostiene il prefetto –si deve ritenere altamente probabile che il tentativo di infiltrazione evidenziato a carico di Girgenti Acque sia stato trasmesso per contagio ad Hydortecne Srl attesa la dimostrata contiguità tra le società. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di ulteriori indicatori di permeabilità a condizionamenti mafiosi, aggiunge il prefetto. “In ogni caso – riferisce il prefetto – le risultanze istruttorie acquisite da Antimafia, Forze dell'ordine e commissari straordinari inducono a ritenere che Girgenti Acque abbia costituito la Hydortecne per utilizzarla come drenaggio delle risorse. Inoltre, l'interdittiva di novembre a Girgenti Acque non avrebbe permesso di recidere quello che viene definito “il rapporto affaristico-imprenditoriale costituitosi e consolidatosi negli anni tra Marco Campione e Pietro Arnone”. Quest'ultimo è l'amministratore unico di Hydortecne. Secondo l'interdittiva, anzi, Campione avrebbe continuato, e potrebbe continuare a farlo, ad interferire nella governance di Hydortecne. Ma non è tutto. La prefettura rileva anche come Girgenti Acque abbia subconcesso a Hydortecne servizi che Ato e Ati le avevano affidato (cosa questa vietata dalla legge).
Poi l'interdittiva contiene anche un focus su Pietro Arnone, elencando le situazioni che lo hanno visto finire sotto i riflettori: da una segnalazione per bancarotta fraudolenta, di aver fatto parte di società in cui facevano affari anche personalità mafiose, di avere ricoperto ruoli significativi in appalti importanti nei lavori per i porti di Gaeta e Civitavecchia finiti sotto i riflettori della Direzione Investigativa Antimafia e al suo coinvolgimento nell'operazione “Mafia e appalti” che prese di mira il patrimonio dell'imprenditore agrigentino Filippo Salamone.