nei confronti di Girgenti Acque. Pretendono il pagamento di circa ottocentocinquantamila euro di cui la società di Aragona è debitrice per canoni incassati in luogo dell'ATI. I sindaci intendono intervenire attraverso il passaggio all'incasso di una polizza fidejussoria che l'ex presidente Marco Campione aveva acceso presso un istituto bancario. Ma è una decisione, questa, che ha registrato il parere contrario dei commissari prefettizi Dell'Aira e Venuti, quelli nominati dopo l'interdittiva antimafia e che operano in una fase nella quale l'ATI, come si sa, ha risolto il contratto con Girgenti Acque. Commissari prefettizi i quali, evidentemente, conoscono bene la situazione finanziaria di Girgenti Acque, e sanno perfettamente che, con ogni probabilità, dovendo pagare questo debito il rischio è di non potere più aprire i rubinetti. È questo il quadro nel quale si inserisce il dibattito in corso riguardante il superamento di quella che è possibile definire “fase emergenziale”, di una gestione degli impianti che nella prospettiva dovrebbe transitare presso un'azienda consortile. Sullo sfondo c'è, però, il difficilissimo negoziato tra i comuni che consegnarono gli impianti idrici e gli altri che non lo fecero. La prospettiva finale è la nascita di un'azienda consortile speciale. Prospettiva che, invero, appare particolarmente difficile. Perché i comuni che riescono ad autogestirsi (da Menfi a Santa Margherita) non intendono certamente subordinare la nascita di questo nuovo soggetto alla rinuncia al tipo di gestione da loro utilizzato. Anche se la norma stabilisce una corsia preferenziale in favore di una gestione diretta a quelle municipalità (è il caso di Santo Stefano di Quisquina) ricadenti su aree di pregio dal punto di vista boschivo e paesaggistico. Sembra difficile immaginare che un atto di adesione a questa società consortile possa passare dal via libera di 43 consigli comunali in tempi ragionevolmente brevi. Soprattutto se questa società prevede eventuali passi indietro da chi non ha mai avuto problemi e che naturalmente non intende accettare l'ipotesi di infilare la testa in un nodo scorsoio. Eppure, entro il 30 maggio (ossia tra una settimana) per legge una decisione dovrebbe essere assunta. A questo punto pare davvero di capire che il commissariamento dell'ATI possa essere dietro l'angolo. E questo confermerebbe certi timori, soprattutto nell'0ttica di un autogoverno, quello che la norma attribuisce ai comuni, che si rivelerebbe impossibile da gestire. Commissariamento che, probabilmente, diciamocelo con franchezza, potrebbe rompere gli indugi e le attuali lentezze. Anche se Francesca Valenti, sindaco di Sciacca, continua a non accettare l'idea che l'ATI stia procedendo a rilento, ricordando come il percorso non sia facile e come negli ultimi tempi si siano messi a posto diversi tasselli di un puzzle complicatissimo. Sullo sfondo restano gli interessi di una comunità che chiede solo un servizio efficiente e a costi contenuti. Condizione che però ha visto nel corso degli anni delle sperequazioni oggettive. I comuni che non consegnarono le reti (che non accettano di essere definiti “ribelli” in quanto considerano assolutamente legittima la loro posizione, anche sulla base di un dispositivo di legge approvato dall'ARS) chiedono che anche gli altri comuni facciano come hanno fatto loro, e che non pretendano che loro rinuncino a quanto hanno costruito. Difficile che si arrivi ad una soluzione immediata. Il rischio, o forse alla fine è uno scenario auspicabile, è davvero il commissariamento.