che riguardano la nostra città. Scrivo, anche con un certo dispiacere, riguardo a tale mesto trascinarsi dell’incapacità politica che mortifica possibilità e ambizioni del nostro territorio. Mi ritorna spesso una frase – quasi, un ammonimento - che, più di altre, può spiegare il momento difficile che viviamo: “dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” ovvero "mentre a Roma si discute, Sagunto è caduta in preda dei nemici". Questa patologia dell’attendismo fine a sé stesso, dell’indecisione perenne, non solo si mostra sterile, ma è anche dannosa nella misura in cui non prende di petto le decisioni strategiche sul futuro della città, e prima tra le altre la vicenda termale.
La chiusura delle Terme ha umiliato, e continua ad avvilire la nostra città, oltre che con notevole danno d’immagine, anche con una perdita netta di ricchezza annua pari a diversi milioni di euro. E mi riferisco al turismo sociale, a quello stagionale e ludico, ai servizi sanitari prestati dai reparti Cure e Riabilitazione, ai tanti servizi offerti dai piccoli imprenditori e commercianti locali.
Tutta ricchezza dispersa e che al momento non tornerà, ma della quale nessuno sembra preoccuparsi. Nel frattempo, i concittadini assistono “stuffati” alle passerelle, ai rimpalli di responsabilità, al bando che arriva “forse che si, forse che no…”
Inidoneità che si mostrano, anche, nella scarsa conoscenza della normativa di settore. Infatti, quanti ritengono che si possa affidare al privato una parte dei beni termali sulla scorta della sola norma contenuta nella legge regionale di bilancio, dimenticano che è necessaria un’abrogazione espressa e formale di tutte quelle altre norme regionali che qualificano le Terme di Sciacca come un BENE PUBBLICO DEMANIALE; e ciò sia per ragioni di competenza, sia in base al principio di specialità tra le norme giuridiche. Ma non è solo la vicenda termale il motivo di questo "cahiers de doleances".
Altra questione si affaccia più grave, e il conto che Sciacca potrebbe pagare rischia di essere parecchio salato. Chi ci governa, assiste quasi inerme - per ragioni, in verità, ancora ignote - all’installazione, presso gli ex stabilimenti Kronion, di quella che si annuncia sostanzialmente come la più grande centrale a biomasse della Sicilia. Questo si vuole per la nostra città? L’attivazione di un impianto industriale nel quale potranno essere trattati anche certi tipi di rifiuti a due passi da un importante e rinomato
insediamento produttivo olivicolo, piuttosto che uno sviluppo ecosostenbile fondato sul benessere termale e sulla qualità della vita, dell’agroalimentare, del turismo?
Davvero si vogliono anteporre gli interessi di una società privata alla tutela dei diritti fondamentali di una moltitudine di cittadini? In che luogo vogliamo che vivano le nostre
famiglie e crescano i nostri figli? Non opporsi a questa svolta industriale sarebbe il definitivo svilimento della nostra città ad opera di una politica incapace di tutelare il
proprio territorio e gli interessi dei propri cittadini. Senonché l’unico argine a questi torti è - e resta - nelle mani dei nostri concittadini che dovranno mostrarsi consapevoli dei propri diritti e uniti nel difendere ciò che è loro patrimonio comune.
Finché chi vive la nostra realtà locale continuerà a non voler partecipare alle grandi questioni civiche, i problemi non scompariranno voltando lo sguardo dall’altra parte,
disinteressandosene; diversamente, soltanto chi ha capacità e visione del futuro può vedere nei problemi attuali un’opportunità da cogliere per migliorare quanto più è possibile nell’immediato futuro.
Se Sciacca, la nostra città, fu Città Degna, allora è giunto il momento di dimostrare che possiamo essere diversi e migliori da come veniamo additati e da cosa qualcuno vorrebbe farci diventare... Diversamente, si continuerà a permanere in quel sonno della ragione dal quale rischieremmo di non poterci più svegliare.
Alfonso Marciante