dello stop per almeno sei mesi all'erogazione di nuovi fondi comunitari inflitta dall'Unione Europea alla Sicilia. L'accusa formulata da Bruxelles alla Regione e contenuta in una durissima lettera che ha fatto andare Nello Musumeci su tutte le furie, riguarda una presunta violazione delle procedure di certificazione delle spese per fondi stanziati ma inutilizzati o utilizzati in maniera scorretta. E così sono almeno 450 i milioni di euro anticipati negli ultimi 15 anni dalla Regione per conto dell'Europa ma che Bruxelles non intende assolutamente riconoscere. Il motivo è presto detto: questi finanziamenti sarebbero usati in qualche caso per mega appalti che, però, non erano nemmeno compresi nei programmi di spesa dei fondi europei.
Problematiche per le quali l'Unione Europea ha dato una sorta di possibilità agli uffici regionali di giustificare queste ed altre manchevolezze in questione. Si chiedono, in particolare, garanzie sulla legalità e regolarità delle spese dichiarate e sostenute. Una richiesta, quella avanzata dall'Unione, che la dice lunga sulle criticità quanto meno in termini di capacità progettuale riscontrate in Sicilia. Per non pensare ad altre cose ancor meno onorevoli in un settore (quello dell'utilizzo dei fondi europei) che negli anni avrebbe veramente potuto trasformare la Sicilia nella Florida del Mediterraneo, cosa che naturalmente è tutt'altro che avvenuta. Ma la sensazione è che ancora una volta siamo stati e siamo ancora di fronte ad una sorta di irredimibilità di questa nostra terra, che non sa spendere, o spende male, o pasticcia, o forse anche truffa su finanziamenti che, invece, se saputi utilizzare in maniera corretta, hanno fatto risorgere regioni europee storicamente economicamente depresse. E oggi, è grazie a questi fondi che Portogallo, Irlanda, Grecia e altri popoli si stanno risollevando.
Il rischio immediato per la Sicilia adesso come detto è di di bruciare letteralmente quasi 400 milioni, che sono soldi riferibili alla programmazione 2000-2006. Denari che l'Unione ha deciso di tagliare, nell'ambito di una vertenza che ha visto per la verità la Regione promuovere un ricorso alla Corte europea di Strasburgo. Ricorso che però è stato clamorosamente respinto.
E così, nella fase attuale, se si pensa che sono stati tolti dal bilancio dello Stato 6 miliardi di lavori pubblici non eseguiti nel 2018 (il 50 per cento in più rispetto all'anno precedente), e che la Regione è finita in procedura di infrazione per il blocco dei trasferimenti per circa 450 milioni di euro, la possibilità che il PIL possa tornare ad aumentare grazie anche ai lavori pubblici finanziati dall'Europa al momento sembra decisamente accantonata. L'unica strada rimasta alla Sicilia è quella di disperarsi. Un po' poco, obiettivamente.